Più in alto e più avanti ancora… L’Italia, in queste “notti magiche” di quest’estate 2021, continua a vincere e a stupire il mondo con le clamorose imprese sportive dei suoi atleti. Dopo la vittoria roboante della Nazionale di calcio agli Europei in casa (e alla faccia) dei sudditi di Sua maestà la regina d’Inghilterra, i due ori conquistati in un solo giorno (e in meno di mezz’ora l’uno dall’altro) nel salto in alto e nei 100metri alle Olimpiadi di Tokyo rappresentano un risultato glorioso chiamato a sviluppare mitopoiesi.
Proprio così. Sull’elevazione di Gianmarco Tamberi e le gambe Marcell Jacobs un intero popolo scolpirà per i prossimi anni la testimonianza di un’impresa che – come sempre accade quando si parla di eventi che testimoniano le capacità di ingaggio di una Nazione – non si ferma al dato sportivo.
La capacità di stagliarsi nel mondo sopra il “tetto” dell’asticella e la spinta ad affermarsi nella gara di velocità più importante del pianeta non possono non essere letti come la risposta “sul campo” a chi pensa ma soprattutto a chi vuole un Belpaese attorcigliato su se stesso, lento, pachidermico. Due italiani invece, nelle due discipline simbolo dell’atletica, hanno dimostrato che è vero l’esatto contrario. Che questo popolo, quando i giochi si fanno seri e quando c’è da confermare un certo spirito marziale, sa riscoprire il suo polemos. Ma soprattutto sa farsi trovare pronto e al proprio posto: fra le potenze del mondo.
Tutto questo nonostante la vulgata “pizza e mandolino”, cliché che abbonda nella narratologia dei nostri competitor (che ci temono, eccome), ma anche rispetto l’assoluta non curanza dei governi di questi anni del valore strutturale del soft power rappresentato dallo sport. Gli eroi sportivi di questa Olimpiade, infatti, sono la squisita rappresentazione delle potenzialità e delle qualità innate degli italiani “nonostante” le istituzioni. Lo sono negli sport di combattimento e in quelli d’arma, nella fatica del nuoto e in tutto ciò che muove una squadra, certo. Ma da adesso anche nei territori che riavvicinano la Nazione alle imprese di inizi ‘900: nella capacità di sollevarsi e stagliarsi in alto come in quella di sviluppare velocità, competizione e innovazione. Come e più di tutti.
Questi atleti, insomma, sono l’avanguardia di un circuito che, se elevato al rango che merita, potrebbe davvero portare l’Italia a competere da sola con gli Stati-Continenti. Gli stessi che si sono dovuti inginocchiare davanti alle imprese di due italiani chiamati Gianmarco e Marcell. Quelli che hanno portato il tricolore più in alto e più avanti ancora.