Nuovo polverone su Palazzo Chigi per il PNRR.
Bruxelles continua a giocare più sul piano politico che su quello tecnico, accusando in maniera (non troppo) velata il Governo italiano di non effettuare “adeguati controlli” alle modalità di attuazione del Piano da oltre duecento miliardi di euro.
Soldi che l’Italia ha l’urgenza, oltre che la necessità, di spendere e che giustamente sono sotto il controllo della Corte dei Conti, che però procede lentamente su questo in virtù dei tempi burocratici ordinari. E che proprio per questo il Governo ha cercato di rendere più brevi, limitando l’azione della Corte su ciò che riguarda il Pnrr, dando così piena attuazione alla normativa che appunto non prevede il controllo concomitante, ma solo quello successivo.
Tutto ciò, ovviamente, non può essere inteso come un atto di forza del Governo o di una qualche volontà di sottrarsi ai controlli e di tagliare fuori la Corte, ma piuttosto come un tentativo di rendere la burocrazia italiana più efficace, efficiente e rapida, nei limiti e nel rispetto della legge. Soprattutto su un tema delicato e centrale come il Pnrr.
Da Bruxelles il portavoce della Commissione ha dichiarato che l’organo europeo non commenta “i progetti di legge nazionali”, ma esiste “un accordo con le autorità italiane sulla necessità di avere un sistema di controllo e di audit efficace”, e quindi spetta alle autorità italiane garantire che “questi organismi possano funzionare”. In sostanza, un monito all’azione italiana che secondo l’Europa non sembrerebbe procedere ad effettuare gli adeguati controlli sul Piano.
Illustri esperti della materia hanno commentato la situazione, confermando come la mossa del Governo sia stata corretta. Tra questi Sabino Cassese, presidente emerito della Corte Costituzionale, non proprio l’ultimo degli arrivati, ha voluto fare chiarezza sulla situazione, sottolineando che “Ha fatto benissimo il governo a limitare il controllo preventivo della Corte dei Conti”, perché “Ci sono aspetti di merito sui controlli e di metodo sul modo in cui si è svolta questa vicenda che danno completamente ragione al governo e dimostrano che bisognerebbe che le grandi corporazioni dello Stato ripensassero al modo in cui agiscono nei confronti dello Stato di cui sono i rappresentanti”. E ha spiegato: “Tutta la cultura mondiale sui controlli dice che i controlli non possono essere fatti a tappeto, ma devono essere fatti per campione; che non possono essere fatti sulla carta, ma devono essere fatti mediante ispezioni in profondità sulle attività da controllare; che devono essere non di processo ma di prodotto, non bisogna controllare come è stata fatta una cosa ma il risultato di quell’azione. I controlli preventivi e concomitanti nel nostro Paese sono una forma di cogestione, di esercizio di un potere. Un capo di divisione di un ministero, il presidente di un ente pubblico, ogni volta che deve prendere una decisione, deve chiamare il controllore e chiedere se sia d’accordo o meno. Questa si chiama cogestione e ha due effetti negativi: deresponsabilizza chi deve essere responsabilizzato e non fa degli effettivi controlli perché con i controlli a tappeto e non a campione non si va in profondità”.
Palazzo Chigi risponde definendo tali considerazioni delle “considerazioni che alimentano polemiche politiche strumentali che non corrispondono alla realtà”, e pubblica una Nota dettagliata in otto punti, nella quale il Governo ribadisce che la sua azione si basa proprio sul principio di garantire dei controlli che siano “adatti e proporzionati alla sua natura unica e in modo che i programmi di spesa si basino sull’efficienza”. E aggiunge che le norme approvate nel cosiddetto DL PA “non modificano quanto già concordato tra Commissione europea e Governo italiano”.
Roma ricorda inoltre che la legge “affida alla Corte dei conti il controllo sui fondi Pnrr nella modalità del controllo successivo sulla gestione e non del controllo concomitante, con criteri di cooperazione e coordinamento con la Corte dei conti europea”, per cui la disciplina dei controlli della Corte dei conti sui fondi del Pnrr “non solo resta in vigore, ma viene pienamente attuata” e che tra Governo e Corte dei Conti “si è svolto un lungo, cordiale e proficuo incontro tra il Governo e la Corte dei conti”, durante il quale “è stata decisa all’unanimità l’apertura di un tavolo di lavoro per revisionare e definire meglio alcuni istituti relativi ai controlli sul Pnrr”. Una realtà dunque ben diversa da quella che si è cercato di far credere.
Infine, la Nota sottolinea che sulla proroga dello scudo erariale per funzionari e dirigenti pubblici, “la norma è in vigore già da tempo e non ci sono mai state osservazioni da parte della Commissione”, che l’emendamento governativo approvato ne proroga l’efficacia di ulteriori 12 mesi”, e sottolinea che “questa disciplina è rimasta in vigore per tre anni con due diversi governi, senza aver provocato alcun rilievo, siamo certi che la linea della Commissione non cambierà di fronte alla proroga di un altro anno decisa da un governo di diverso segno politico”.
Nonostante le provocazioni di Bruxelles, Roma risponde in maniera dettagliata e chiara, presentando come la sua azione sia concreta e rispetti la legge, e anzi ne dia piena attuazione.
Queste sterili polemiche non colgono impreparata Palazzo Chigi, che continua a difendere gli interessi nazionali e a far rispettare il proprio operato, dimostrando in maniera chiara come la realtà sia ben altro da quella che si racconta.
L’augurio è che questo atteggiamento della Commissione non sia una mera manovra politica per orientare già da ora le prossime elezioni europee del 2024. Per fortuna il Governo italiano non cade in facili provocazioni, ma ha dalla sua la forza della concretezza e della chiarezza, e continuando a lavorare come sta facendo non ha nulla da temere.