La posizione che l’Italia ricopre nello scacchiere geopolitico, lembo di terra nel cuore del Mediterraneo, del quale ha da sempre influenzato la storia e la cultura, rende le crisi politiche e militari africane e mediorientali temi essenziali dell’agenda politica italiana.
Eppure, ci troviamo ancora una volta sopraffatti ed isolati, dinnanzi a delle polveriere che potrebbero compromettere ulteriormente i patri interessi (economici e di sicurezza).
La guerra civile in Libia e le tensioni in Iran rappresentano solo gli ultimi episodi della forsennata corsa che le grandi potenze stanno compiendo da anni per accaparrarsi spazi d’influenza in Africa o in Medio Oriente, come Russia e Turchia, presenti sullo scenario libico a sostegno di due fazioni opposte, ma anche Stati Uniti e Cina.
Petrolio e facili approdi commerciali, la storia è sempre quella.
L’imbarazzante competizione interna al Governo tra il Presidente del Consiglio Conte e il Ministro degli Esteri Di Maio, i quali ricercano sui temi di politica estera visibilità a colpi di comunicati stampa, visite sgradite e meeting mancati (comico il tentativo di Conte di convocare contemporaneamente a Roma Haftar e al Serraj per strappare uno scatto social alla Pratica di Mare), rallenta la formulazione di posizioni decise e strategiche per l’Italia, favorendo nelle trattative internazionali, dato il silenzio delle istituzioni europee, Francia e Germania e isolandoci sempre più.
Che l’attuale governo italiano sia privo di una linea in politica estera è chiaro. Ma, a dirla tutta, è da anni che soffriamo l’assenza di una visione politica, lungimirante e strategica, che regoli il futuro tra la nostra Nazione e i territori d’oltremare su cui esercitiamo una influenza militare ed economica.
Ad esempio, negli ultimi anni abbiamo visto la Libia soltanto sotto la prospettiva emigratoria, dimenticandoci che la migrazione è un effetto del caos generale che impera sulla regione. Avremmo dovuto impegnarci molto di più nella ricostruzione di quel Paese e non parlare solo ed esclusivamente della crisi e di ciò che ha prodotto.
In assenza di questa visione politica dovremmo interrogarci anche sulle condizioni e sull’effettiva utilità dei nostri uomini e delle nostre donne in divisa, impegnati nei teatri più caldi del mondo.
Panorama di questa settiamna racconta le missioni internazionali nelle quali l’Italia è impegnata e riporta dichiarazioni di alti ufficiali delle nostre Forze Armate che evidenziano l’assenza di un disegno di medio-lungo periodo utile per i nostri soldati.
In Libia, mentre il nostro governo tenta ancora di capire come agire, i proiettili fischiano sopra le teste dei 400 soldati italiani sul terreno. In Afghanistan, quasi al confine con l’Iran, i nostri 800 militari osservano impotenti l’escalation di tensioni tra il governo di Teheran e gli USA. In Africa, oltre la Libia, conduciamo otto missioni antiterrorismo che impegnano centinaia di uomini a fermare le bombe delle costole locali di Al Qaida.
In uno scenario geopolitico fuori controllo, l’incapacità del Governo italiano nel fornire risposte compromette, al contempo, la tutela dei nostri interessi nazionali e la sicurezza dei nostri militari.
Facciamo nostro l’appello lanciato dall’ex Capo di Stato Maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, riportato su Panorama: “Con tutte le crisi aperte in queste ultime settimane i politici pensavano ai vertici di maggioranza, non a sedersi attorno a un tavolo per affrontare il presente e il futuro delle missioni all’estero”.
C’è bisogno di una linea chiara e uomini di Stato che abbiamo le capacità e l’autorevolezza di compiere le scelte giuste per gli interessi d’Italia, che devono rappresentare sempre il nostro obiettivo primario. Con il Governo Conte e gli incompetenti che hanno fin qui gestito queste complesse dinamiche, invece, l’Italia è senza dubbio destinata a perdere sempre più il ruolo primario che dovrebbe rivendicare nel Mediterraneo.