Con un documento emanato dall’Associazione nazionale magistrati, parte l’accusa di certa magistratura al centrodestra e al governo, accusati di aver creato un’atmosfera di sfiducia nei confronti dei giudici, con il fine di “preparare il terreno a riforme che tendono ad assoggettare alla politica il controllo di legalità”. Riforma quale la separazione delle carriere dei giudici, che il governo intende attuare allo scopo di tutelare maggiormente i cittadini. Riforma spesso sulla bocca di tanti politici ma che soltanto il Governo Meloni sembra intenzionato e capace di portare avanti. Riforma, nelle sue diverse previsioni, che sembra essere un po’ il leitmotiv latente di tutta la diatriba tra certa magistratura e classe dirigente.
L’Anm, nel documento, ha denunciato il climax di toni delle scorse settimane: “Nell’ultimo periodo abbiamo assistito da parte di una certa politica ad attacchi sempre più frequenti a provvedimenti resi da magistrati italiani nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali, criticati non per il loro contenuto tecnico-giuridico, ma perché sgraditi all’indirizzo politico della maggioranza governativa”. I giudici hanno fatto sapere di aver spedito il documento al Consiglio Superiore della Magistratura “per le valutazioni dell’organo di governo autonomo e per le conseguenti iniziative a tutela della indipendenza e dell’autonomia della magistratura”, ma anche al Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti, sottolineando “il linciaggio mediatico cui un certo giornalismo si è prestato ha colpito i giudici e la loro naturale tensione a decidere liberi dalle proprie convinzioni e passioni: scrutare la vita delle persone, riportando le loro vicende intime, del tutto prive di rilevanza pubblica, è condotta non in linea con l’etica giornalistica”.
Cosa c’è alla base dell’astio
Al centro della questione, dunque, politici e giornalisti. I primi accusati di addurre “aprioristicamente la matrice politica delle decisioni, sostenendo che i magistrati che le hanno adottate sarebbero intenti più a fare politica che a svolgere in modo imparziale il loro ruolo di giudici. Si tratta di un attacco alla giurisdizione strumentale a screditare la magistratura per preparare il terreno a riforme che tendono ad assoggettare alla politica il controllo di legalità affidato dalla Costituzione alla magistratura”. Per i giudici, poi, i giornalisti non dovrebbero riportare le vicende private dei magistrati, difesi anche quando esprimono pareri personali (e marcatamente politici) su questioni in merito alle quali dovranno anche giudicare ed emanare sentenze: ciò sarebbe in linea con la libertà di manifestazione del pensiero, che “appartiene al magistrato anche quale cittadino, che la esercita, anche nel dibattito pubblico, con senso di responsabilità e rispetto dell’elevata funzione giurisdizionale svolta”. Alle decisioni dei giudici, sono seguite – è l’accusa dell’Anm – “operazioni di indebita ricostruzione della vita privata dei magistrati autori di quelle decisioni finalizzate a selezionare e rendere pubbliche scelte personali ritenute correlate ai provvedimenti adottati”. Per i giudici, “sostenere, senza alcun fondamento, che un magistrato ha adottato un provvedimento per perseguire finalità diverse da quelle proprie dell’esercizio della giurisdizione è un’accusa grave che non può più essere tollerata, poiché mina i diritti fondamentali dei singoli magistrati coinvolti e della giurisdizione: delegittimare la magistratura è operazione che lede la tenuta democratica del Paese”.
Insomma, è arrivata la risposta dei magistrati. Attenzione, dunque, a insinuare la possibile politicizzazione delle decisioni giuridiche sulla base di fatti che appaiono oggettivamente inequivocabili e difficili da giustificare. In altre parole, risulta complicato credere alla casualità quando giudici che protestano anche in piazza contro le decisioni del governo in fatto di immigrazione, si trovano a disapplicare le stesse decisioni cercando e trovando i giusti cavilli. Del resto, è la somma che fa il totale e il fatto che la tanto vituperata riforma della separazione delle carriere sia stata tirata di nuovo in ballo, lascia intendere che l’astio di certi magistrati parta da altro.