Abbiamo appena superato la giornata del Santo Natale nella quale i cristiani di tutto il mondo si sono ritrovati a festeggiare con le loro famiglie e i loro affetti più cari. Certo, come purtroppo accade in ogni anno, non tutti hanno potuto godere della celebrazione della nascita di Gesù Cristo a causa di problemi di salute, indigenza economica, solitudine e guerre. Per gli ucraini, ad esempio, non è stato un Natale di lustrini e pranzi prelibati. A dire il vero, in Ucraina non si festeggia più nulla dal 2022, anno di inizio dell’aggressione militare russa, ma quello del 2024 è stato un Natale particolarmente pesante per l’ex Repubblica sovietica. Proprio nella giornata del 25 dicembre scorso la Russia ha scelto di bombardare con ben 184 strumenti offensivi tra missili e droni la città ucraina di Kharkiv nella quale si sono verificate 11 esplosioni nel giro di 26 minuti. L’attacco aereo russo, condotto con caccia Tu-95 MS, si è poi esteso verso Ovest, nelle regioni di Poltava, Kirovograd, Cherkasy e Vinnytsia.
Le Autorità di Kiev affermano di avere abbattuto 113 su 184 tra missili e droni, e in particolare, sono stati intercettati 59 missili. Un considerevole numero di droni russi non sarebbe stato abbattuto, ma non avrebbe comunque centrato gli obiettivi. In effetti, sembra che non vi siano stati dei morti, grazie a Dio, tuttavia, alcune persone hanno riportato ferite, anche molto gravi in almeno due o tre casi, soprattutto a Kharkiv, e le infrastrutture energetiche delle regioni colpite dai bombardamenti natalizi della Russia hanno subìto importanti danneggiamenti. L’inverno ucraino è assai più rigido di quello italiano e privare gli abitanti di quei luoghi di elettricità e riscaldamento equivale in ogni caso ad ucciderli. Mosca puntava a compromettere gli impianti che assicurano il funzionamento del complesso militare-industriale ucraino, ma che in realtà riparano dal freddo la popolazione, e, visti i danni inferti dal cielo, i vertici della Federazione russa si ritengono soddisfatti del raid di Natale perché esso avrebbe raggiunto tutti gli obiettivi prefissati. Oltre alla scontata reazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il quale vede solo disumanità nella persona di Vladimir Putin, tutto l’Occidente ha condannato con profondo sdegno un attacco deliberatamente effettuato nel giorno del Santo Natale. Non ha espresso parole tenere verso il Cremlino neppure l’inviato di Donald Trump per la guerra Russia-Ucraina, Keith Kellogg. Scegliere la Natività per “regalare” al detestato Zelensky e agli odiati ucraini una pioggia di missili e droni, non è una cosa in merito alla quale si possa fare finta di nulla.
Sono, siamo tutti in attesa del nuovo anno che dovrebbe essere caratterizzato, già a partire dai primi mesi, se non dalla conclusione definitiva della guerra in Ucraina, almeno dall’avvio di negoziati capaci di fare terminare presto il conflitto senza alcuna resa umiliante da parte di Kiev, e spinti dal decisionismo pragmatico del presidente USA Trump, che dopo il 20 gennaio prossimo entrerà nel pieno dei propri poteri. Il leader repubblicano, durante il suo primo mandato presidenziale, ha già avuto modo di dimostrare al mondo come il suo sia un realismo politico che porta a casa dei risultati per l’Occidente, pensiamo solo agli Accordi di Abramo che hanno avvicinato Israele a importanti Nazioni arabe. Non vi sono dubbi che il 2025 richiederà a Trump ulteriori e massicce dosi di senso pratico e di impegno per la libertà e la pace e contro le autocrazie. Putin dice di volere anch’egli la pace e di essere disponibile ad incontrare Donald Trump in qualsiasi momento, inoltre, afferma di volere chiudere la guerra per sempre, non solo di congelarla, indicando nella piattaforma negoziale suggerita dal premier slovacco Robert Fico una via percorribile per la Russia.
Però è difficile capire come lo Zar di Mosca voglia arrivare al dialogo perché bombardare l’Ucraina il giorno di Natale e continuare a sostenere di voler parlare con Kiev, ma non con Zelensky, presidente illegittimo per il Cremlino, porta a tutto tranne che a permettere di iniziare un confronto diplomatico serio. Trump vuole che Putin e Zelensky si siedano allo stesso tavolo e così dovrebbe capitare per giungere davvero alla pace, ma come si può organizzare un rendez-vous se il primo considera il secondo come un abusivo a cui non bisogna nemmeno rivolgere la parola? Il presidente eletto degli Stati Uniti ha le giuste virtù che servono in questo momento, ma diversi aspetti lasciano presagire ch’egli dovrà sudare sette camicie con un Putin aperto al confronto solo a modo suo. Sono tante le cose che Vladimir Putin fa a modo suo, inclusa la difesa dei valori tradizionali del mondo giudaico-cristiano del quale fa parte, ovviamente, anche la Russia. Gli estimatori occidentali del putinismo, un po’ diminuiti dopo l’inizio della guerra in Ucraina, hanno sempre visto nel capo del Cremlino un guardiano convinto dei valori cristiani e un paladino della Tradizione che si mette di traverso e ostacola il globalismo che relativizza tutto, (famiglia, identità sessuale e religioni).
È vero che Putin abbia legato finora tutta la propria narrazione alla Chiesa ortodossa russa e al Patriarca Kirill, il quale ha ricambiato con un asservimento totale, compreso l’appoggio alla tentata invasione dell’Ucraina, una guerra santa per il capo degli ortodossi russi, e già qui, è la stessa Chiesa di Mosca a tradire per prima il Cristianesimo poiché i Papi cattolici della Storia contemporanea non hanno mai notato della santità nei conflitti armati. Ma un vero cristiano, e l’ortodosso Vladimir Putin dovrebbe esserlo al pari dei cattolici che si riconoscono nel Vescovo di Roma, non bombarda il giorno di Natale. Il 25 dicembre non era Natale per Putin e gli ortodossi russi, certo, perché le Chiese ortodosse orientali festeggiano la Natività del Signore il 7 gennaio, a differenza, per esempio, degli ortodossi rumeni e anche ucraini che celebrano la nascita di Gesù Cristo come i cattolici, ossia, il 25 dicembre, ma che nessuno provi ad appigliarsi a questo perché, al di là di alcuni aspetti diversi, le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica sono due facce dello stesso Cristianesimo e un vero cristiano ortodosso, pure russo, non può che avere grande rispetto per il Santo Natale, sia esso celebrato in Italia, in Ucraina o in qualsiasi altra parte del pianeta. Vladimir Putin, più che essere un leader tradizionalista e finanche conservatore, è soprattutto un revanscista dell’imperialismo sovietico caduto in disgrazia all’inizio degli anni Novanta, e chi ha a cuore la Tradizione minacciata senz’altro dal globalismo e dalle degenerazioni woke e gender, diriga piuttosto la propria attenzione verso il conservatorismo occidentale di Donald Trump e di Giorgia Meloni.