Putin strumentalizza l’attentato di Mosca

La Russia si è dovuta fermare a causa dell’attentato terroristico avvenuto presso il Crocus City Hall, situato alla periferia di Mosca, che ha purtroppo provocato la morte di quasi 140 persone, il bilancio non è ancora del tutto definitivo, e il ferimento di un altro centinaio di individui. Le sparatorie a sangue freddo degli assalitori, i quali hanno fatto irruzione in una sala concerti, e l’esplosione di un’autobomba, hanno compiuto una strage, per la quale è giunto il cordoglio di tutto il mondo, Casa Bianca e governi europei compresi.

È arrivata anche una rivendicazione, inviata dall’ISIS, l’ormai celebre gruppo terroristico del sedicente Stato Islamico dell’Iraq e della Siria o Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, (ISIL). L’intelligence americana ritiene che si tratti piuttosto dell’ISIS-K, ossia, del ramo dello Stato Islamico attivo in Afghanistan e dintorni dal 2014. Conosciuto anche come Wilayat Khorasan, la K della sigla è appunto l’iniziale di Khorasan, si pone l’obiettivo della realizzazione di un califfato, senz’altro retto da un ferreo integralismo islamico, in un’area che comprende parti dell’Iran, dell’Afghanistan e del Pakistan, ma pure di alcune repubbliche ex sovietiche come il Turkmenistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan. È circolato inoltre il sospetto di un attentato ordito dallo stesso Cremlino, alla ricerca di un fatto abbondantemente drammatico, accaduto in Patria, per aumentare ancora l’intensità dell’aggressione militare in Ucraina.

Qualche stranezza è stata, in effetti, notata da molti osservatori ed è giusto parlarne, pur senza trascendere in complottismi pregiudiziali. Ad inizio marzo, i servizi segreti di USA e Regno Unito hanno avvertito la Russia, sia privatamente che pubblicamente, (il “warning” di Washington e Londra è stato ripreso dai media), circa la possibilità di imminenti attacchi terroristici, a Mosca e in altri grandi centri della Federazione russa, ma sembra che Vladimir Putin e i suoi uomini non abbiano prestato attenzione all’avvertimento angloamericano. In una Nazione controllata e presidiata con il pugno di ferro da un regime intransigente, il Crocus City Hall, che non è un negozietto di un paesino isolato della Siberia, bensì una struttura enorme, dotata di teatro, centro commerciale, centro congressi e ristoranti, si è trovato, al momento del sanguinoso assalto, sprovvisto di qualsiasi forza di sicurezza, pubblica o privata. Sono stati arrestati quattro uomini con il passaporto del Tagikistan, sospettati di essere gli autori materiali dell’attentato, ed è stato diffuso il video dell’interrogatorio a uno di questi. Il ragazzo tremava ed è parso più un ruba galline al quale è andato male lo scippo che un appartenente ai fondamentalisti islamici, talmente indottrinati da mostrarsi freddi in qualunque circostanza. Ha detto di avere ricevuto 5mila euro per recarsi a sparare a bruciapelo nella sala concerti del Crocus City Hall di Mosca. Forse in Tagikistan si possono fare molte cose con 5mila euro, ma sembra comunque una somma modesta per spingere una persona ad uccidere centinaia di suoi simili, soprattutto se si decide di diventare killer solo per denaro e per sfuggire alla fame.

Visto che fioriscono sempre complottismi di ogni specie quando ci sono di mezzo l’Occidente, gli Stati Uniti e Israele, (qualcuno pensa tuttora che l’America si sia autoinflitta il crollo delle Torri Gemelle di New York), è legittimo porsi delle domande anche in merito a qualche discrepanza emersa durante e subito dopo la strage di Mosca. In ogni caso, bisogna sottolineare come l’ipotesi dell’ISIS-K sia abbastanza credibile. Il terrorismo islamico non fa distinzioni fra Washington e Mosca, due capitali, secondo gli estremisti del Corano, di due rispettive potenze di infedeli. La Russia di Putin, questo deve essere detto al di là della guerra in Ucraina, ha represso negli anni molti gruppi islamisti, in Cecenia, Daghestan e Inguscezia, (repubbliche facenti parte della Federazione russa), subendo dagli stessi attentati e rivolte.

La Russia ha inevitabilmente a che fare con l’Afghanistan, considerata la Storia e l’invasione sovietica del Paese, e visto pure l’abbandono americano del fronte voluto da Joe Biden. L’ISIS-K combatte inoltre contro i Talebani, saliti al potere a Kabul dopo la partenza delle truppe USA, e Mosca si trova nel mirino di questo ramo del cosiddetto Stato Islamico anche per avere concesso un’apertura di credito ai nuovi, e al tempo stesso vecchi, leader afghani. L’attentato suicida presso l’aeroporto di Kabul, del 26 agosto 2021, porta la firma proprio dell’ISIS-Khorasan. Gli integralisti hanno altresì prodotto un video in cui sono state filmate le loro gesta assassine all’interno del Crocus City Hall. Quindi, sono tanti gli elementi che conducono a ritenere verosimile la pista della sezione afghana dell’ISIS, ma chi non prende più di tanto sul serio tale supposizione non è il complottista russofobo di turno, bensì Vladimir Putin in persona. Il numero uno del Cremlino, aiutato dalle congetture esternate da membri del suo governo e dai servizi segreti russi, ha tirato in ballo l’Ucraina, che avrebbe, secondo le mistificazioni costruite a Mosca, avuto contatti con i quattro arrestati, provenienti dal Tagikistan, aprendo loro la propria frontiera al fine di penetrare in territorio russo.

Putin non è di certo uno stupido, ma sarebbe bello se fosse ancora più intelligente, al punto tale da decidersi di lasciare in pace Kiev e tornare ad essere quell’uomo che, al summit di Pratica di Mare, garantiva la propria collaborazione all’Occidente nella lotta al nemico comune rappresentato dal terrorismo islamico. Invece, che sia vittima o manovratore occulto dell’assalto al Crocus, Putin mira a strumentalizzare il tragico accadimento per proseguire con maggiore aggressività le operazioni militari in Ucraina. Le due sponde dell’Atlantico cerchino di evitare di fornire segnali di svogliatezza.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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