Tra la piana del Sele e il sonnolento Cilento c’è un «caso Toti» nel Pd dal quale la segretaria Elly Schlein si tiene alla larga. Eppure, il caso è clamoroso: Franco Alfieri, presidente Pd della provincia di Salerno, in Campania, è agli arresti da 105 giorni. Prima in carcere e poi ai domiciliari. Ma non si dimette. Resiste e mantiene lo scranno. È sottoposto a una misura cautelare da più di tre mesi. Ma non molla, nel silenzio tombale della sinistra, la poltrona. Difende con tutta la determinazione la carica (sospesa per effetto della misura). Non svolge il mandato ma resta presidente. Non lascia la guida dell’ente provinciale. In questo caso, però, la leader dem non usa (anzi resta in silenzio) il bastone giustizialista imbracciato per picchiare duro contro l’ex governatore della Liguria Giovanni Toti. Nessuno fiata come ha ricordato ieri un reportage de “il Giornale”. Naturalmente, la guida della Provincia è affidata al vice Giovanni Guzzo (Pd) di Alfieri: così il partito democratico conserva il controllo dell’ente.
La brutta storia giudiziaria in cui è coinvolto Franco Alfieri mette in fortissimo imbarazzo non solo il presidente in carica della Regione Campania, ma più in generale tutto il Partito Democraticoterritoriale: anche perché il rapporto tra i due è sempre stato quello di un leader col suo fedelissimo.
Del resto il sindaco di Capaccio-Paestum e presidente della Provincia di Salerno è stato vicino al governatore in ogni opportunità in cui era necessario “contarsi”. Da signore delle tessere del Pd e dei voti nel Salernitano (vista la sua forte base elettorale), Alfieri ha anche guidato i sindaci della sua zona in piazza, a Roma, per chiedere al governo lo sblocco dei Fondi di Coesione e Sviluppo, nel famoso giorno del febbraio 2024 in cui De Luca apostrofò come “stronza” Giorgia Meloni (che poi replicò qualche settimana dopo a Caivano). Tuttavia il suo excursus politico parte da molto lontano.
Francesco Alfieri, conosciuto più semplicemente come Franco, nasce a Torchiara il 12 giugno 1965: si laurea in Giurisprudenza a Salerno nel 1990 e consegue l’abilitazione di avvocato, diventando poi dal 1995 il titolare dello studio legale Alfieri & Partners. Nello stesso periodo comincia la propria attività politica attiva: nel suo curriculum si legge infatti che “l’esperienza maturata in 30 anni di carriera politico-amministrativa, ha consolidato competenze multidisciplinare nei diversi settori dello sviluppo territoriale e dell’amministrazione in genere”.
Il percorso nella cosa pubblica prende il via nel lontano 1985 come consigliere comunale nella località che gli ha dato i natali, diventandone poi sindaco nel 1988 e ricoprendo tale incarico in maniera ininterrotta fino al 2004. Dopo essere stato eletto nel 1999 anche consigliere provinciale a Salerno, sempre per questo ente territoriale è stato più volte assessore. Nel 2007 poi è diventato sindaco di Agropolivenendo riconfermato nel 2012, passando poi nel 2017 in Regione a capo della Segreteria del presidente Vincenzo De Luca. Adesso invece è presidente della Provincia di Salerno, sindaco di Capaccio-Paestum ed è anche a capo dell’Unione dei Comuni Alto Cilento, molto influente nelle politiche locali dell’area.
Tuttavia la vicenda che rimarrà per sempre legata al nome di Franco Alfieri è sicuramente quella delle “fritture di pesce”. Era il novembre 20216 – in piena campagna per il referendum sulla riforma costituzionale voluto dall’allora premier Matteo Renzi – con De Luca che era schieratissimo per il sì. Si tiene una riunione in un albergo napoletano con alcune centinaia di amministratori locali per sostenere la battaglia referendaria e, in quella occasione, il governatore fece l’elogio del sindaco Alfieri (allora primo cittadino della cilentana Agropoli) in quanto politico capace di raccogliere voti in ogni modo. È proprio a questo episodio che Alfieri deve l’appellativo di “uomo delle fritture”.
Inizia così, tra le risate: “Prendiamo Franco Alfieri, notoriamente clientelare”. I toni surreali e sarcastici erano sempre i soliti ai quali De Luca ci ha abituato: il clima è scherzoso e tendente alla battuta. Qualcuno però ha registrato tutto: e l’audio, diffuso poi dal Fatto Quotidiano scatenò subito una tempesta politica, imbarazzi nel Partito Democratico e una battaglia del Movimento 5 Stelle allora schierato in maniera potente contro il “sistema De Luca” come veniva definito dall’allora leader Luigi Di Maio (che poi ci andò a braccetto nell’ottobre del 2021 dopo l’elezione di Gaetano Manfredi a sindaco di Napoli).
Lo strano elogio proseguiva poi così: “Come sa fare lui la clientela lo sappiamo. Una clientela organizzata, scientifica, razionale come Cristo comanda. Che cosa bella. Ecco, l’impegno di Alfieri sarà di portare a votare la metà dei suoi concittadini, quattromila persone su ottomila – diceva De Luca -. Li voglio vedere in blocco, armati, con le bandiere andare alle urne a votare il Sì. Franco, vedi tu come Madonna devi fare, offri una frittura di pesce, portali sulle barche, sugli yacht, fai come cazzo vuoi tu, ma non venire qui con un voto in meno di quelli che hai promesso”. Inevitabile fu lo scalpore suscitato dalla frase, che portò all’apertura di una inchiesta per istigazione al voto di scambio, poi archiviata. Nel 2019, altro caso che aveva coinvolto il controverso esponente politico salernitano oggi arrestato riguardò le elezioni comunali a Capaccio-Paestum: Alfieri vince e si creò un corteo di auto in festa, addirittura con cinque ambulanze a sirene spiegate, nella notte tra il 9 e il 10 giugno.
Si trattava di mezzi di proprietà di una onlus che faceva riferimento ad un condannato in via definitiva a per tentata estorsione aggravata dal metodo camorristico. In ogni caso, col passare, degli anni, il potere propagandistico di Alfieri non era stato mai intaccato da queste vicende, come del resto è provato dalla recente rielezione con percentuali bulgare.