Quel sacrosanto no dell’Alta Corte sull’eutanasia…

Sul tema dell’eutanasia se ne sentono di tutti i colori, soprattutto all’indomani del “NO” netto e deciso della Corte Costituzionale, in merito al referendum proposto da tutte quelle forze liberal progressiste per far sì che si legalizzasse, con in testa Marco Cappato. Per i Giudici della Consulta il testo è inammissibile in quanto «Non si tutela la vita dei più deboli».

Eppure a sollevare il vespaio di polemiche e amarezza c’è persino Matteo Salvini, dimentico oramai del Rosario, che si dice amareggiato di questa mancata concessione. A seguire i soliti noti che in nome dei “diritti” propugnano una dialettica, attraverso slogan e concetti preconfezionati, che incentiva la cultura della morte. Perché ormai il solito disco rotto dei diritti mancati in nome della libertà individuale e in conformità con la carta dei diritti dell’uomo è oramai superata, per non dire arcaica, al pari di come lo furono i sofisti di fronte a Socrate che uno ad uno smascherò le loro bugie non corrispondenti al vero, dunque all’essere.

Si è addirittura sentito che la Chiesa sia colpevole di avere una posizione ambigua di fronte a tale argomento: infatti, la scrittrice Dacia Maraini, in un articolo apparso oggi su Repubblica, oltre a ribadire che il suicidio è un diritto, si domanda tra l’incredula e la basita come mai la Chiesa abbia ammesso in passato la pena di morte e ora non si schieri in difesa dell’eutanasia. Premesso che l’istituzione ecclesiastica oggi abbia altre tematiche, sul piano dottrinale, da chiarire e da far luce, siamo di fronte ad una calunnia che colpisce non solo la Storia della Chiesa che ha formato la nostra civiltà, ma anche contro la nostra storia del Diritto e della Ragione.

Tralasciamo ogni approfondimento sul piano giurisprudenziale e teologico dell’essenza del diritto (tanto per citare un certo Carl Schmitt), ne approfittiamo per analizzare sul piano antropologico, prima che su quello morale ed etico, di come oramai l’occidente si faccia sempre più portavoce di una cultura imperante in antitesi con la nostra storia che ha forgiato la nostra identità. L’uomo occidentale, per dirla alla Heidegger, vive in un ormai stato di “essere per la morte” : questa assume un valore simbolico quando avviene la fatidica ora del trapasso che colpirà prima o poi ognuno di noi, ma in realtà nell’epoca capitalistica e meccanica si muore già stando in vita.

Il tramonto dell’occidente spengleriano lo si può fotografare in questa luce: l’uomo non accetta più la morte ma la evoca in continuazione con la sua prassi, la cui eutanasia è solo l’ultimo paradigma di una serie di azioni pseudo culturali e istituzionali con un unico punto in comune, ovvero rendere l’uomo occidentale sempre più debole, meccanicistico, incapace di avere una vita e una visione integrale, incapace ad accettare la sofferenza, la solitudine, la guerra, la povertà e in ultima istanza, appunto, la morte. C’è la nuova Tecnica che rende “forte” l’uomo: l’assicuratore, lo psicologo, il direttore di banca, il medico e via dicendo. Non c’è più spazio per l’uomo contemporaneo di pensare ai valori integrali.

Il quadro va certamente inserito su un piano più “alto” al netto della decisione della Consulta sul referendum appena bocciato, perché assistiamo ad un processo di scristianizzazione sempre più in atto in ogni grado della società, a differenza di quanto avviene nell’est europeo che ha detto SI alla vita in tutte le sue forme e attuazioni legislative.

Se la Chiesa, ma in particolare la civitates Christiana, ammetteva la pena di morte è perché un motivo c’era, anzi, più di uno, perché oggi si è abituati a ragionare e sentenziare a seconda della propria ideologia, che sappiamo essa stravolge la realtà, storica e attuale in nome dei diritti, dimenticandoci che il MOS MAIORUM ha sempre ragionato in altro modo.

Ma se i nostri antenati e la saggezza della Chiesa Cattolica ammettevano la pena di morte era in virtù di una concezione che mirava a salvaguardare il bene comune della collettività : del resto è San Tommaso d’Aquino, tra i tanti, che per indicare la legittimità anche giuridica della pena di morte usa la metafora dell’amputazione di una parte del corpo malata per salvare l’intero corpo, così la pena di morte sradica materialmente la parte di quella società malata che può compromettere appunto il bene comune. Dunque il paragone della scrittrice citata non regge né dal punto di vista metafisico né da tanto meno da quello giuridico.

Il fantomatico dritto dell’eutanasia, dunque, va incentrato all’interno di una precisa concezione metafisica che sia a favore o contro questa legalizzazione: nessuno asseconda l’accanimento terapeutico, ma l’eutanasia agognata di questi giorni dà il via al suicidio assistito: non è un caso che in alcuni paesi d’Europa si possa decidere di suicidarsi anche per i motivi più banali e superflui.

Tutto questo in nome dei diritti dell’uomo e del suo libero arbitrio che non è più condizionato e subordinato alla razionalità, ma è sempre più preda di una libertà scevrata da qualsiasi vincolo trascendentale, mancante di quell’amore per il prossimo all’insegna della Carità, quella vera e che ha da sempre contraddistinto l’Occidente con l’affermarsi del Cristianesimo all’indomani del crollo del paganesimo: gli ospedali, infatti, sono nati con lo scopo di prendersi cura del prossimo in qualunque condizione esso vi si trovasse, e non lasciato morire in mezzo alla strada in quanto non meritevole di vivere perché debole.

L’eutanasia, dunque, non solo è il suicidio legalizzato per eccellenza, un atto contro natura in quanto si toglie il Diritto a Dio di decidere quando la propria ora è venuta, ma un attentato contro la nostra identità spirituale prima che materiale: non è un caso che Dante, tanto osannato anche da quelle forze che spingono per questa legalizzazione, punisca le anime dei suicidi imprigionate nei rami contorti e spinosi di una selva orribile, la selva dei suicidi appunto, le cui foglie sono scure come la notte; come in vita i suicidi ebbero disprezzo del loro corpo procurandone la morte, adesso sono trasformate in materia di nessun valore e come non esitarono a straziare se stessi adesso sono straziati dalle arpie; come in vita gli scialacquatori dilaniarono le loro ricchezze e i loro beni adesso sono dilaniati da cagne fameliche.

I corpi dei sucidi, nella civiltà cristiana e fino a pochi decenni fa, venivano seppelliti al di fuori del campo santo perché si presupponeva che non si fossero salvati l’anima: l’atto pubblico di questo misfatto era noto a tutti.

Dietro alle parole di Giorgia Meloni, dunque, cela questo quadro su descritto:
“Sacrosanta la decisione della Corte costituzionale di dichiarare inammissibile il referendum proposto dai radicali sull’omicidio del consenziente, anche se sano. Un quesito inaccettabile ed estremo che avrebbe scardinato il nostro ordinamento giuridico, da sempre orientato alla difesa della vita umana e alla tutela dei più fragili e deboli. Una sentenza di buon senso. C’è ancora spazio nel nostro ordinamento per difendere il valore della vita, come Fratelli d’Italia intende fare con il suo impegno”.

La vita umana è preziosa, in tutte le sue forme.

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2 Commenti

  1. Un articolo roboante e pieno di riferimenti inutili.Incomprensibile .
    Lasciamo per favore da parte tutte le teorie e sudditanze di un passato dominato dalla Chiesa.
    Lasciamo alle persone la liberta’ personale di decidere.
    Questa e’ democrazia.
    La Chiesa e la religione non impongano mai piu’,
    qualsiasi loro dominio.

  2. non sono per niente d’accordo, e’ ora di finirla di ascoltare gli uomini di chiesa(parassiti), ognuno deve poter morire come meglio crede. sarebbe anche ora di disdire i patti lateranensi ed utilizzare quei miliardi di euro per scopi ben piu’ alti. sono molto dispiaciuto dalla posizione presa dalla meloni a questo riguardo e non so se alle prossime elezioni andro’ a votare.

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