Quelli del salario minimo sono gli stessi delle paghe orarie di 5 euro

Il cittadino concede la propria fiducia al politico di turno e a un determinato raggruppamento affinché si occupino di questioni concrete, che incidono sulla routine quotidiana di lavoratori, famiglie e imprese, ossia la parte preponderante del tessuto nazionale di un Paese. Gli addetti ai lavori della politica, i giornalisti e gli analisti attivi sui vari mezzi di comunicazione, sono una minoranza rispetto a coloro i quali escono ogni giorno di casa per assicurarsi e assicurare alle loro famiglie una vita dignitosa, oppure, per tenere in piedi un’attività imprenditoriale e garantire, oltre al benessere personale, posti di lavoro ad altre persone.

E’ sottinteso che la politica abbia il dovere di dedicarsi a problemi reali e quanto scritto finora appare persino un po’ banale, ma a volte occorre ribadire l’ovvio perché alcuni rappresentanti del popolo preferiscono discutere sul sesso degli angeli ed osservare più il dito che la luna. Viene più comodo fare così perché magari si è incapaci di cogliere la profondità e la verità delle cose, oppure, approfondire le situazioni può creare imbarazzo perché c’è il rischio che fuoriesca qualche scheletro dall’armadio. Magari si è contribuito a creare proprio quella realtà negativa che si dice di voler combattere, e allora è molto meglio chiacchierare sul colore da dare alle facciate della casa anziché verificarne le fondamenta. Nello scontro di questi giorni fra maggioranza ed opposizione, soprattutto il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, in merito al cosiddetto salario minimo, si è capito benissimo dove alberga la concretezza e dove invece vi è soltanto superficialità e ideologia. La prima è reperibile presso Palazzo Chigi e le seconde hanno preso residenza nelle sedi dei partiti rispettivamente di Elly Schlein e di Giuseppe Conte. Il 5 dicembre scorso i partiti della maggioranza hanno deciso, alla Camera e poi vi sarà un passaggio analogo al Senato, di affidare la delega al Governo al fine di individuare una soluzione alternativa alla proposta di legge avanzata dalle opposizioni, con l’eccezione di Italia Viva, e riguardante l’adozione di un salario minimo di 9 euro lordi orari per tutte le categorie di lavoratori.

Essendo maggioritario in Parlamento, il centrodestra non ha ovviamente avuto problemi nel fare approvare da Montecitorio la propria scelta, che è del tutto legittima e doveva essere tenuta in considerazione visto che la premier Giorgia Meloni e tutte le formazioni politiche che la sostengono, non hanno mai condiviso la questione del salario minimo così com’è stata posta da Pd e M5S. Questi ultimi si sono invece lanciati in una delle loro solite e patetiche sceneggiate. Pensando forse di emozionare il Paese, Conte ha stracciato platealmente in Aula il testo della proposta di legge sul salario minimo, ignorata e calpestata, secondo il capetto pentastellato, dall’arroganza del Governo, che, e qui subentra l’indignazione, costruita, di Elly Schlein, avrebbe bypassato il salario minimo in salsa giallorossa perché, (sic!), odia i poveri. E’ davvero curioso come una giovane donna di buona famiglia e con due o tre cittadinanze, (per carità, non è una colpa e a destra non utilizziamo di certo l’odio classista), ritenga che un’altra giovane donna, l’avversaria Giorgia Meloni nata e cresciuta in un ambiente assai più modesto rispetto a quello della segretaria del Pd, nutra addirittura disprezzo per i disagiati.

E’ arduo immaginare la premier Meloni nei panni di Carcarlo Pravettoni, il cinico e cattivo uomo d’affari ideato dalla Gialappa’s Band e interpretato dal comico Paolo Hendel. In ogni caso, la replica del Presidente del Consiglio non si è fatta attendere e l’Italia ha potuto constatare come la classe dirigente inviata, tramite il voto, a governare la Nazione, sia dotata di un ottimo senso pratico e conosca bene la realtà profonda del Paese, incluse le sfaccettature più sconvenienti, mentre, chi si oppone ad essa preferisca perlopiù agitare feticci ideologici, (il salario minimo perorato da Pd e M5S è diventato una cosa del genere), tenendosi però ben alla larga dal merito di numerose difficoltà quotidiane che condizionano in modo pesante più categorie di lavoratori. La premier, in senso politico e mediatico, ha messo Conte e Schlein con le spalle al muro perché anzitutto si è chiesta e ha chiesto come mai, siccome il salario minimo pare essere divenuto la madre di tutte le battaglie per piddini e pentastellati, le sinistre non lo abbiano varato e messo in funzione quando ne hanno avuto l’opportunità. Sino all’altro ieri governavano loro l’Italia e il Partito Democratico in particolare, pur senza aver mai vinto un’elezione, è rimasto incollato a Palazzo Chigi e ai vari ministeri per una decina di anni. Inoltre, la premier Giorgia Meloni ha denunciato le responsabilità di sinistre e sindacati, compresa la Cgil dell’altro indignato a corrente alternata Maurizio Landini, circa l’esistenza di contratti collettivi nazionali di lavoro, (CCNL), che, perlomeno in alcuni settori, legalizzano di fatto lo sfruttamento e paghe orarie vergognose a 5 euro l’ora o anche qualcosa di meno. Sissignori, coloro i quali descrivono la Meloni come una affamatrice di popoli, perché non condivide la loro idea di salario minimo, sono gli stessi che, nel corso di molti anni, hanno contribuito a comprimere le buste paga un po’ di tutti i lavoratori italiani e a generare sacche di personale completamente sottopagato.

I contratti collettivi vengono sottoscritti dalle parti sociali, sindacati e rappresentanti dei datori di lavoro, e spesso la Triplice sindacale, (Cgil, Cisl e Uil), è stata una cosa sola con il Pd e le varie sinistre, quindi conviene, a lor signori tutti, fare un bel mea culpa prima di attaccare il Governo e usare il feticcio propagandistico del salario minimo per nascondere sotto il tappeto dei torti molto gravi. Il Presidente del Consiglio, rispondendo a Conte e Schlein, ha toccato un nervo scoperto e ha posto in evidenza i veri bubboni che caratterizzano il mondo del lavoro in Italia. Giorgia Meloni ha citato, non a caso, quei gruppi di lavoratori i quali sono forse i peggio pagati d’Italia, ovvero gli addetti alle pulizie e gli operatori della vigilanza non armata, inquadrati nel CCNL dei servizi fiduciari. Qui, le paghe orarie di 5 euro abbondano e si è pure nella legalità perché i contratti collettivi prevedono anche tali retribuzioni. Sicuramente Conte, Schlein e Landini non lo sanno, perché il lavoro umile e quotidiano è per loro solo un tassello propagandistico da inserire nelle battaglie politiche e sindacali, ma impegnare ogni giorno il proprio corpo nelle pulizie civili e industriali non corrisponde ad un esercizio agevole e leggero. Nella vigilanza o guardiania non armata non si fa certo molta fatica fisica, tuttavia, si viene investiti di non poche responsabilità, dalla gestione di portinerie e reception alla sorveglianza di beni, ed occorre garantire la presenza in fasce orarie e giorni non sempre piacevoli, (servizi notturni e durante i fine settimana e le feste comandate, inclusi il Santo Natale e Capodanno).

Anche la vigilanza armata, quella in cui si rischia pure la pelle, soprattutto nel trasporto di valori e nei piantonamenti di fronte alle banche, ha subìto una progressiva erosione dei salari nel corso degli ultimi vent’anni. Tanto per renderci conto del consistente peggioramento delle condizioni economiche del comparto, segnaliamo come negli anni Settanta-Ottanta diversi appartenenti alle Forze dell’Ordine scegliessero di abbandonare lo Stato per impiegarsi presso gli Istituti di vigilanza privati perché lo stipendio che essi offrivano era maggiore rispetto a quello previsto dal ministero degli Interni o della Difesa. Oggi, tutto questo appare incredibile. La sindacatocrazia, per usare un termine coniato da Giorgio Almirante per stigmatizzare le azioni della Triplice, si è sempre occupata del settore terziario, in particolare circa i servizi di vigilanza privata, con poca passione e minore diligenza.

Chissà, forse perché delle donne e degli uomini in uniforme, per giunta dipendenti di aziende private, non sposano alla perfezione i clichè di sinistra? L’involuzione è stata comunque continua e inarrestabile, e ha giocato un ruolo importante anche la diffusione in tutta Italia delle società cooperative di servizi, ispirate al modello “rosso” emiliano-romagnolo. Queste realtà, che si sono addentrate in svariati tipi di servizi, (pulizie, vigilanza, logistica, trasporti ed altro ancora), godono di un’ampia discrezionalità in merito all’osservanza di paghe orarie e contratti collettivi di lavoro, ed inoltre, sopportano spese di gestione inferiori rispetto a quelle delle altre imprese. Ciò, dagli anni Novanta ad oggi, ha devastato il mercato e ha spinto le società non cooperative, al fine di reggere la sfida della concorrenza e, non dimentichiamolo, di fisco e burocrazia, a peggiorare anche loro sul fronte delle retribuzioni, così, grazie ai sindacati e a quella politica oggi cara a Elly Schlein e a Giuseppe Conte, vi è stata una costante corsa verso il basso. L’approccio del Governo Meloni, che sarà concretizzato attraverso la delega affidata il 5 dicembre scorso dai partiti della maggioranza, è quello, sensato e giusto, di evitare che tutti subiscano un livellamento a 9 euro lordi orari, perché con il salario minimo targato Pd e M5S ci sarebbe la possibilità che anche quei lavoratori che sono ben al di sopra di una paga oraria di 9 euro, cadano vittime di una limatura dettata da una malsana uniformazione. Il Governo preferisce agire soltanto laddove alloggiano le vere piaghe, ossia, nei campi lavorativi succitati e in tutte quelle realtà in cui le prestazioni sottopagate sono all’ordine del giorno. La Giustizia ha determinati strumenti, che sono stati usati infatti mesi fa per commissariare alcuni Istituti di vigilanza del Nord Italia, accusati di caporalato, e si può lavorare con le parti sociali affinché la contrattazione collettiva non produca più certi obbrobri che di fatto legalizzano paghe orarie improponibili. Bisogna migliorare la vita a chi sta male e non peggiorarla a chi sta bene.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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