Rai, protesta dei giornalisti contro la presunta censura. Unirai si distacca: “Sciopero politico e strumentale”

Mentre l’Italia è in subbuglio perché bisogna liberarla dai fascisti di cento anni fa, c’è anche spazio, in questo ultimo 25 aprile più divisivo che mai, alla polemica sulla Rai. D’altronde, è perfettamente in pendant con la Liberazione concepita dalla sinistra: i sedicenti antifascisti, loro che vedono il nemico totalitario da abbattere ogniqualvolta al governo arriva la destra, vogliono censurare chi pensa che la Liberazione debba essere una festa di tutti, e non più di proprietà di una sola parte politica, ma al contempo lamentano la presunta censura ai danni di Antonio Scurati, bloccato su Rai3 (che tra l’altro ha dirigenti di sinistra) a causa dell’alto compenso richiesto per recitare il solito pippone antifascista. Un caso che ha fatto discutere, ammettiamo pure che la verità non si sappia qual è, nonostante la presa di distanza del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che sui social ha pure pubblicato l’intero testo che Scurati avrebbe dovuto recitare perché “gli italiani possano giudicarne liberamente il contenuto”. Scurati che, povera vittima della presunta censura governativa, ora riceve solidarietà a destra e a manca, e il suo monologo viene letto ovunque, nelle piazze, nei consigli comunali. Tra un po’ anche alle feste di battesimo, come ha commentato ironicamente qualcuno.

Il fazioso sciopero di Usigrai

Dunque, il 25 aprile è stata l’occasione perfetta per riportare in auge la polemica sulla Rai. Lo ha fatto la Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai di sinistra e fino a pochissimo tempo fa l’unico esistente. “L’incontro di raffreddamento con l’azienda – ha fatto sapere l’esecutivo del sindacato in una nota alla stampa – si è risolto con un nulla di fatto, motivo per cui confermiamo il nostro stato d’agitazione. Sentita la commissione garanzia, è stato proclamato uno sciopero di 24 ore, con astensione dal lavoro dalle 5.30 di lunedì 6 maggio alle 5.30 di martedì 7”. Sarebbe la prima di cinque giornate di sciopero. “Nel rispetto delle regole fissate dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali – ha continuato – non potranno aderire i giornalisti del Giornale Radio Rai che già saranno impegnati in uno sciopero sabato 27 aprile contro l’ipotesi di accorpamento del Gr Sport con Rai Sport e di Gr Parlamento con Rai Parlamento che svuoterebbe Radio1 della sua vocazione all news senza alcun vantaggio per la testata e l’azienda”. Usigrai ha tenuto a precisare anche i motivi della protesta: “Il controllo asfissiante sul lavoro giornalistico, con il tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo, l’assenza dal piano industriale di un progetto per l’informazione della Rai, le carenze di organico in tutte le redazioni, il no dell’azienda ad una selezione pubblica per giornalisti, la mancata sostituzione delle maternità, la disdetta dell’accordo sul premio di risultato, senza una reale disponibilità alla trattativa, la mancata stabilizzazione dei colleghi precari”.

La risposta di Unirai: “Non ci prestiamo a operazioni politiche”

Tuttavia, c’è chi ha voluto sottrarsi all’ennesima faziosa polemica sulla Rai, dando dimostrazione, ancora una volta, che il vero pluralismo è lasciare esprimere una seconda voce, e non uniformarsi giocoforza all’unica. Il neonato sindacato Unirai, che ha risposto con forza al quarantennale monopolio dell’Usigrai, ha precisato di non aderire allo sciopero indetto dai colleghi, sottolineando come si tratti di una polemica strumentale. “A poche settimane dal rinnovo dei vertici e in piena campagna elettorale per le elezioni europee – fanno sapere dal sindacato – viene annunciato uno sciopero dei giornalisti. Questo dopo mesi di polemiche, in moltissimi casi strumentali, sulla Rai. Unirai ha deciso di non aderire allo sciopero del 6 maggio perché non vuole prestarsi alle varie operazioni esclusivamente politiche in atto intorno all’azienda”. L’intenzione infatti è quella di proporre battaglie serie e concrete per il settore, come la “stabilizzazione dei precari e un giusto contratto per chi opera nei programmi”: “Tutte rivendicazioni serie, come la richiesta di apertura delle trattative per il rinnovo del contratto integrativo, che uno sciopero evidentemente politico e strumentale rischia solo di svilire e depotenziare”. Ennesima dimostrazione di come all’interno della Tv di Stato voglia addentrarsi la politica. Sì, ma quella di sinistra.

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