“Leggo su alcuni quotidiani commentatori che sdottoreggiano sulle consuetudini di differenziare gli spazi di preghiera tra donne e uomini, comuni a tutte le religioni monoteiste. Per sdoganare l’aberrante segregazione femminile del Ramadan si citano addirittura la sinagoga o le antiche abitudini dei riti cattolici di secoli fa. Il ragionamento storico ha il suo fascino, ma non regge da un punto di vista giuridico. Ciò che oggi si contesta sono le segregazioni femminili che avvengono negli spazi pubblici, all’aria aperta, entrando in solate contrasto con le laiche leggi dello Stato. Nelle piazze, nei giardini della Repubblica italiana. Luoghi nei quali deve vigere l’assoluta parità tra uomo e donna perché una piazza non è una Moschea e appartiene a tutti i cittadini. Le comunità religiose nei propri templi o sinagoghe o chiese sono insindacabili in quanto lì vige una sorta di principio di extraterritorialità che non può valere nelle aree pubbliche della nostra democrazia. Chi finge di non capire se non è in malafede chieda scusa per le solite intolleranti contumelie”.
È quanto dichiara il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia.