Lo avevamo ipotizzato quando in Italia infuriava ancora una campagna elettorale durissima e senza esclusione di colpi e ora, a nuovo e inatteso governo ormai insediato e pure rodato, ecco i fatti darci ragione: il reddito di cittadinanza, se mai si farà, andrà anche agli stranieri che vivono stabilmente in Italia.
Nella nostra Nazione, oggi, si stima che almeno 5 milioni di persone vivano sotto la soglia della povertà, cioè con l’incapacità di potersi permettere beni e servizi essenziali. Di questi, almeno un terzo sono stranieri, di tutte le nazionalità, razze o etnie. Di Maio non ne parla quando dice che nel 2019 arriverà il mitico reddito di cittadinanza, cioè un assegno di circa 800 euro da destinarsi ai meno abbienti, ma anzi millanta che questa forma di assistenzialismo varrà per l’Italia almeno un punto di PIL. In realtà, quanto possa essere l’impatto di una manovra simile è da vedere, soprattutto se si considera come andarono le cose all’epoca degli 80 euro renziani, anch’essi presentati come un’iniezione vitaminica per la emaciata economia italiana, e rivelatisi poi un costoso flop. E se gli 80€ più che un bene furono l’ennesimo sacrificio dei più trasformato in marchetta elettorale, qui si tratta di mantenere promesse avventate che molti, soprattutto nel meridione d’Italia, hanno letto come una possibile panacea in grado di risolvere tutti i mali e tutti i problemi.
Ma ammesso e non concesso che si trovino i denari per il reddito di cittadinanza – e anche per la flax tax che Salvini non vuol certo fa restare indietro rispetto alle proposte di Di Maio – bisognerà davvero includere gli stranieri, siano essi comunitari o meno, purché risiedano stabilmente qui da noi? Nessuno l’ha mai preso in considerazione e fino ad ora si è anche evitato di parlarne in modo approfondito, eppure siamo in una Nazione dove chiunque abbia escluso gli stranieri da qualche beneficio – case popolari, iscrizione agli asili nido, bonus bebè ecc – si è visto poi condannare a dover risarcire chi fosse ricorso alla magistratura. Sembra quindi abbastanza peregrina l’idea di poter escludere gli stranieri qualora si arrivi davvero al reddito di cittadinanza, salvo scovare qualche escamotage come potrebbe essere un certificato da esibire dove si dica che lo straniero in questione al suo paese non vanta alcun patrimonio né mobile né immobile.
Intanto, il governo assume una posizione più morbida in vista della manovra tanto da far sorridere perfino Tria, e Salvini si espone assicurando che il 3% non verrà sforato, anche se contemporaneamente promette una diminuzione delle tasse come al solito senza spiegare come vuole coniugare il demonio con l’acqua santa. Resta comunque la sua idea di fondo di modificare il Patto di stabilità, come afferma a Viterbo dove si è recato per la Macchina di Santa Rosa. E se la battuta potrebbe rabbuiare l’orizzonte, il ministro degli Interni con un atteggiamento meno aggressivo del solito e più propositivo, aiuta lo spread a decrescere mentre Paolo Savona afferma convinto che le cose miglioreranno ancora quando l’Europa potrà conoscere le linee guida che sosterranno la manovra, mentre si attende la Nota di aggiornamento al Def per la settimana tra il 24 e il 29 settembre. Non manca comunque qualche attrito tra gli alleati di governo. Il consulente leghista Alberto Brambilla, non si è fatto scrupolo di criticare i 5stelle riguardo a uno schema sulle pensioni d’oro che Di Maio avrebbe diffuso via Facebook, giudicandolo “assolutamente non attuabile” e difforme dalla proposta di legge a doppia firma depositata in Parlamento. Di contro, sempre Brambilla ha spiegato che si potrà forse intervenire sull’odiata legge Fornero, “mettendo mano all’Ape sociale, tenendo in vita l’Ape volontaria ma utilizzando i fondi di solidarietà.” Insomma, a parole tanto da fare e tutti pronti a farlo.
O quasi…