Nel 2018 il centrodestra vinse di fatto le elezioni politiche, risultò la prima coalizione con più del 40% delle preferenze, seguito dal risultato storico (e mai più raggiunto) del Movimento Cinque Stelle, che arrivò al 33%. Tuttavia, nessuno aveva i numeri per governare da solo e dopo settimane di intense trattative, il capo dello Stato Sergio Mattarella decise di dare l’incarico di formare il governo a un certo Giuseppe Conte, un avvocato e professore universitario, un homo novus si pensò, salvo poi scoprire che già durante le elezioni si era avvicinato al fantastico mondo di Luigi Di Maio. Fu creato il primo governo a trazione pentastellata, con l’appoggio della Lega che venne a mancare poco più di un anno dopo, quando i seguaci di Beppe Grillo andarono dalla parte opposta e si allearono con la sinistra. Iniziò così un periodo nuovo, e fallimentare, per l’Italia.
Il primo grande spreco: il Reddito di Cittadinanza
A dire il vero, c’era anche chi nutriva una certa fiducia nei confronti di questa nuova forza, che a suon di vaffa riuscì a scalare i vertici della politica italiana, forse ignaro di quello che un partito tutto slogan e populismo potesse creare quando inizia a detenere una fetta importante di potere. E così, tra i tanti cambi di direzione nel corso degli anni (da no Europa a sì Europa, da no euro a sì euro, da no Tav a sì Tav, eccetera eccetera…), il Movimento Cinque Stelle iniziò a mantenere anche qualche promessa stretta con i suoi elettori durante la campagna elettorale. Una delle promesse peggiori: il Reddito di Cittadinanza. Iniziò così il periodo degli sperperi pubblici. In cinque anni, lo Stato sborsò un ammontare di circa 35 miliardi di euro per persone che molto spesso potevano lavorare e che effettivamente avevano un secondo lavoro, in nero. Tante le magagne per aggirare una norma scritta male e applicata peggio. Molti i furbetti che facevano carte false per aggiudicarsi il sussidio. Troppo spesso si trattava di persone legate alla criminalità organizzata, che ripulivano così i loro guadagni. Truffe che continuano a essere scoperte, ad anni di distanza dalla demolizione del Reddito voluta da Giorgia Meloni come uno dei primi atti del suo governo nel 2022. Secondo i dati della Guardia di Finanza, su circa 76mila controlli fatti dal 2019, sono stati scoperti circa 62mila furbetti, per una cifra di fatto rubata di circa 665 milioni di euro.
Superbonus, un macigno da risanare in 24 anni
Poi c’è la pandemia, che peggiora un quadro già poco fiorente. L’ideona? Risvegliare l’economia con una maxi spesa nel settore edilizio. E come? Investendo miliardi di euro per ristrutturare le case degli italiani. Ovviamente non le case dei quartieri più disagiati perché, ovviamente, si trattava di una misura rivolta a chi possiede una casa, quindi a chi può permettersi di mantenerla e, il più delle volte, poteva permettersi una ristrutturazione già a proprie spese. Infatti il risultato è stato pessimo: è stato ristrutturato solo il 4% del parco immobiliare italiano, specialmente seconde case e villette, e addirittura otto castelli. E l’economia è andata in frantumi: se il settore edilizio ha avuto un lieve miglioramento, la maxi spesa ha fatto lievitare i prezzi delle materie prime e dei cantieri stessi e ha causato un danno erariale pari a 38 miliardi di euro l’anno. Per capire, circa 5/8 miliardi in più di quanto costa normalmente una manovra di Bilancio ogni anno. Gli esperti dicono che serviranno circa 24 anni per rientrare dal debito. Insomma, un enorme disastro.
Il disastro della pandemia
Ma la pandemia è stata foriera di altre brillanti idee. Tipo i banchi a rotelle. Milioni di euro spesi con l’idea di garantire un rientro a scuola in sicurezza. Soltanto che, nel giro di pochissime settimane, gli studenti di tutta Italia furono rinchiusi di nuovo nelle loro case, costretti a lavorare in didattica a distanza e quelle migliaia di banchi – per altro scomodissimi – furono lasciate a impolverarsi. Nei migliori dei casi, ora si trovano nei refettori in aggiunta ai vecchi posti a sedere. Nel peggiore dei casi, vengono svenduti dai Comuni a cifre simboliche: un euro. E infine (o meglio, ci fermiamo qui) i disastri nella gestione della pandemia: i 203 milioni di euro che la Presidenza del Consiglio dovrà pagare a un’azienda a cui fu strappato il contratto valido di fornitura di mascherine, la maxi spesa per acquistare mascherine nocive dalla Cina, i vaccini e i lockdown che alla fine non fecero calare la mortalità, che rimase sopra la media del quinquennio precedente in tutti e tre gli anni della pandemia.
Così, dal 33% del 2018, il Movimento Cinque Stelle è sceso al 9,99% del 2024. Non c’è bisogno di ulteriori motivazioni.