Aveva un partito ben oltre il 30%. Nel 2014, alle elezioni europee di quell’anno, il Pd superò il 40% dei consensi. Il giovane segretario, Matteo Renzi, sarebbe rimasto premier fino al 2016, fino a quando decise di personalizzare il referendum costituzionale, e gli italiani gli diedero una batosta clamorosa. Lui promise che avrebbe lasciato la politica, si dimise da premier, salvo poi tornare, lontano (ma non troppo) dal suo Pd. Fondò Italia Viva ed entrò a far parte del Governo Conte bis, quello a trazione pentastellata e dem. E con pochi rappresentanti in Parlamento riuscì a far crollare quell’esecutivo e fargli succedere quello guidato dall’amato Mario Draghi. Alle elezioni successive, seguì il sodalizio con Carlo Calenda, finito tristemente dopo pochi mesi. Ora i loro parlamentari sono vicini in Parlamento, ma ogni gruppo adesso segue la propria strada.
Ecco. Tutte queste scelte hanno fruttato a Renzi un calo inevitabile di credibilità, con contestuale calo dei consensi. La sua Italia Viva è costantemente, secondo i sondaggi, sotto la quota di sbarramento. Se si andasse a votare oggi, in pratica, Renzi sarebbe scartato, fuori clamorosamente (ma neanche troppo) dai banchi di Montecitorio e Madama. È inevitabile che la sua strategia, dunque, sia quella di alzare i toni, con il rischio di diventare però la sua stessa parodia. Il suo ultimo ‘capolavoro’ letterario, “L’influencer”, a dispetto di quanto si possa capire dal titolo, non è una autobiografia. È un testo scritto pensando alla premier Meloni, che però in Parlamento ha dato il benservito all’ex Presidente del Consiglio: “Capisco che gettare ombre le è utile, ma vendere il suo libro non è la mia priorità”. Gioco, partita e incontro.
FdI: “A Renzi sono rimasti solo gli insulti”
Renzi non si arrende però e continua a gettare ombre. In merito alla questione Equalize, lui sostiene: “La colpa della politica è aver affidato la guida dell’agenzia a un prefetto stimato, ma privo di esperienza in materia. La Meloni ha scelto un ‘amichetto’ di Mantovano, confermando la tendenza di questo esecutivo a premiare le relazioni personali anziché la competenza”. Ma anche su questo Renzi ha ricevuto una batosta: “Il senatore Renzi – ha detto Marco Lisei, senatore di Fratelli d’Italia – è passato dal fare il Presidente del Consiglio a fare lo scrittore, ed ora sta muovendo i primi passi nella sua prossima carriera da sceneggiatore vista la fantasia con la quale ricostruisce una inesistente telefonata fra Butti e Mantovano, due persone serie a differenza sua. Fa bene a buttarsi nel cinema, visto che per fare politica servono i voti, cosa che lui non ha, gli sono rimasti solo gli insulti a membri del Governo, relatori e colleghi. Quelli che mentre lui andava a zonzo lavoravano con serietà in Commissione, dove lui è un fantasma, per dare all’Italia un importante provvedimento che regoli finalmente e per la prima volta l’intelligenza artificiale”.