Matteo Renzi, anche se a livello anagrafico non ha ancora raggiunto la terza età, ha un grande futuro politico dietro alle proprie spalle. Come una meteora piovuta nell’arena della democrazia italiana, l’attuale senatore e leader di Italia Viva, oltre a passare dalle stelle alle stalle, dall’essere un punto di riferimento maggioritario a guidare un partitino-cespuglio, è riuscito in poco tempo a fare terra bruciata attorno a sé stesso. A destra, sin dall’inizio dell’ascesa renziana, abbiamo compreso di trovarci davanti ad un chiacchierone quasi mai sincero sebbene egli sia sembrato lì per lì, ma è durata pochissimo, un esponente di centrosinistra meno ideologizzato di altri protagonisti di quel campo e più consapevole del bisogno italiano di riforme. Quello di Renzi non è mai stato vero riformismo, ma opportunismo spicciolo privo di idee radicate. Però, Matteo Renzi non riscuote più grandi simpatie nemmeno nel suo schieramento naturale, il centrosinistra dove pure il capo di IV vorrebbe tornare a pieno titolo.
La fugace liaison con Carlo Calenda si è ormai conclusa in modo definitivo, Giuseppe Conte e il Movimento 5 Stelle detestano visceralmente Renzi perché non gli perdonano in primo luogo le trame ordite contro il Governo Conte II e a favore di Mario Draghi, infine, il Partito Democratico di Elly Schlein non ha nostalgia del suo ex segretario fuoriuscito. Anche gli elettori hanno voltato le spalle da tempo all’ex enfant prodige di Rignano sull’Arno e alle ultime Europee i renziani non sono riusciti a far eleggere a Strasburgo nemmeno un eurodeputato. Si capisce, pertanto, come il senatore Renzi sia abbastanza nervoso in questi tempi e, non a caso, ha dimostrato ben poca lucidità nel cercare a tutti i costi lo scontro in Senato con il presidente Ignazio La Russa durante le dichiarazioni di voto sulla fiducia alla Manovra. Nel suo intervento a Palazzo Madama, Matteo Renzi ha ritenuto di sentirsi disturbato dal mormorio in Aula di alcuni colleghi, non adeguatamente rimproverato, secondo il leader di Italia Viva, dal presidente La Russa.
Da lì, è partito con l’obiettivo di provocare il presidente del Senato chiamandolo “camerata”, invitandolo a rispettare le opposizioni e giudicandolo di fatto come un vecchio il cui udito non funzionerebbe più. Ignazio La Russa non si è scomposto più di tanto di fronte alle becere provocazioni di Renzi e ha risposto da signore. Con i bulletti arroganti e poco intelligenti si fa così. Il numero uno di Palazzo Madama ha soltanto augurato a Matteo Renzi di occupare il suo futuro, cioè, gli anni che gli mancano per arrivare all’età di La Russa, nel migliore modo possibile. Del resto, il passato e il presente renziani non sono stati e non sono proprio un granché, e l’ex premier del PD è davvero l’ultimo a poter dare lezioni di democrazia alla destra e al Governo Meloni. Anni fa prese in mano il Partito Democratico, cacciando nel vero senso della parola alcuni piddini per lui scomodi e soprattutto i compagni più attempati, a cominciare da Massimo D’Alema, e il cambio della guardia fu sbrigativo e non regolato da un processo democratico interno. In tutta la sua carriera, Matteo Renzi ha formato e distrutto governi solo con le manovre di Palazzo e senza passare attraverso il giudizio elettorale, dalle falsissime rassicurazioni rivolte al povero Enrico Letta, (ricordiamo il celebre “Enrico stai sereno”), foriere in realtà di un successivo Governo presieduto dallo stesso Renzi, alla costituzione e poi demolizione del Conte II, sino all’apertura delle porte di Palazzo Chigi per Mario Draghi. Chi predilige gli intrallazzi alle logiche democratiche, oltre a imbrogliare amici e compagni di partito, pugnala alle spalle l’elettorato e senz’altro non ha nulla da insegnare agli altri.