Ricordando Nino Agostino: il giovane poliziotto ucciso dalla Mafia

“Io a quel ragazzo gli devo la vita”. Giovanni Falcone tributò, nel giorno del suo funerale, queste parole a Nino Agostino, il poliziotto Nino Agostino, caduto per mano di Cosa Nostra il 5 agosto del 1989. Quel giorno Nino fu assassinato insieme alla sua giovane moglie Ida Castelluccio, incinta di due mesi, che sfidò con gli occhi e le parole i sicari che avevano appena freddato il marito.

Nino, nato e cresciuto a Palermo, entra in Polizia nel 1983 ed ha 28 anni quando il capoluogo siciliano è teatro di sanguinosi attentati mafiosi. I colleghi lo descrivono un poliziotto coraggioso che lavorava nelle unità più delicate e pericolose, come la protezione dei magistrati e le indagini sui legami tra politica e mafia. Secondo le ricostruzioni, Nino diventa un obiettivo di Cosa Nostra poiché stava indagando sul fallito attentato dell’Addaura: il 21 giugno 1989 Nino e alcuni agenti di scorta trovarono su una spiaggia dell’Addaura un borsone contenente cinquantotto candelotti di tritolo. In quella stessa spiaggia si trovava la villa di Giovanni Falcone, obiettivo del fallito attentato. Presumibilmente Agostino aveva scoperto qualcosa di importante su quel borsone-bomba dell’Addaura. Un altro filone indica come movente il fatto che egli avesse visto tutori dell’ordine, forse dei servizi segreti, in compagnia di mafiosi.

La barba bianca

Purtroppo, come spesso accade in casi simili, la ricerca della verità e della giustizia fu ostacolata da un muro di omertà e complicità. Il delitto di Nino e Ida Agostino rimase a lungo senza colpevoli, simbolo di un sistema che proteggeva i carnefici e abbandonava le vittime. Solo nel 2020, a più di trent’anni dall’omicidio, la giustizia ha cominciato a fare qualche passo avanti, con l’identificazione e l’arresto di alcuni presunti responsabili.

Per oltre 30 anni, a lottare per la verità, sono stati i genitori di Nino, Vincenzo Agostino e Augusta Schiera. Il padre di Nino aveva reso la sua lunga barba bianca un simbolo della lotta alla mafia, mai più tagliata fino a quando la giustizia non si fosse affermata. 

Vincenzo è morto ad aprile all’età di 87 anni. L’ottobre scorso, dopo la conferma in appello dell’ergastolo per il boss Nino Madonia, aveva trovato una prima risposta sull’omicidio del figlio poliziotto. Una magra consolazione, dopo anni di dolore, che purtroppo non ha potuto condividere con la sua amata moglie, venuta a mancare nel 2019.

Coraggio e integrità

La figura di Nino Agostino rappresenta una luce in quella pagina buia della storia italiana. La sua determinazione a combattere la mafia, anche a costo della propria vita, è un esempio di integrità e dedizione al dovere. Nino sapeva che il suo lavoro comportava rischi enormi, ma non si è mai tirato indietro, mosso da una profonda convinzione nella necessità di un’Italia libera dal giogo mafioso. 

A 28 anni Nino aveva già deciso per cosa vivere e contro cosa combattere. Guardiamo con ammirazione un giovane che nella sua rivoluzione quotidiana ha sfidato i luoghi e morale comuni, ha allontanato da sé il disimpegno, ha guardato in faccia il mostro fornendo un contributo formidabile nella lotta alla malavita organizzata. 

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Andrea Piepoli
Andrea Piepoli
Classe 1996. Nato tra il sole e l’acciaio, cresciuto tra le piazze di Roma. A volte mi piace travestire la realtà da sogno. Con curiosità provo a raccontare e rappresentare la mia generazione.

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