Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha invocato alla “rivolta sociale“. Non un bellissimo messaggio, quello lanciato dal capo del sindacato più numeroso d’Italia e, mai come in questa fase, più schierato e ideologico, riprendendo addirittura forme di comunicazione risalenti ai tempi – si può dire – del socialismo rivoluzionario. Le rivendicazioni sono le solite, quelle di sempre che si sono intesificate (non può essere un semplice caso) quando a Palazzo Chigi è arrivata Giorgia Meloni. Lavoro, occupazione, salari, sanità: tutte richieste che vengono lanciate, in realtà, proprio adesso che il Governo ha puntato a investire in questi settori anche e soprattutto attraverso la manovra finanziaria: le occupazioni sono record, superano ampiamente il mezzo milione in più rispetto all’inizio della corrente legislatura; i salari sono stati, di nuovo, tutelati attraverso il taglio del cuneo fiscale e l’accorpamento delle aliquote Irpef; la sanità ha raggiunto il suo massimo storico di spesa. Non si comprendono, dunque, i toni così eccessivi di Landini, il quale descrive una situazione compromessa che forse avrebbe fatto meglio a denunciare quando al governo c’erano i fautori delle misure più distruttive per l’erario statale e per il mondo del lavoro, come Superbonus e Reddito di Cittadinanza.
Le battaglie fuori luogo del sindacato rosso
L’aumento della spesa pubblica, d’altronde, è proprio tra le rivendicazioni principali di Landini che tra nuove tasse e ulteriori costi per lo Stato sarebbe disposto, a quanto pare, ad ammazzare la produzione e a rendere difficile la vita degli imprenditori. Tutto in linea, d’altronde, con quanto voluto dalla sinistra, che tra le sue ataviche battaglie, tra i suoi evergreen da far spuntare quando sono finite le idee (e spuntano parecchio spesso…) vanta la tanto amata patrimoniale. Non il massimo per un Paese come il nostro che è fortemente indebitato e che, in ogni modo, pare riuscire a sostenere il peso di una stagnazione globale generale. Forse, l’irritazione deriva dalla rinnovata concezione del governo nei confronti del fisco e dei contribuenti, non più considerati come dei sudditi da punire anche soltanto in qualità di potenziale evasori. Il messaggio è chiaro: non bisogna ostacolare chi vuole fare, ma bisogna anzi incentivarlo, ed è quello che si è proprosto di fare il governo anche con questa legge di Bilancio.
Sbagliato infiammare gli animi: serve il dialogo
Ma Landini resta ancorato a un passato che pare troppo difficile da dimenticare, almeno fin quando non ci sarà la volontà di farlo. Dalle misure stataliste e sempre nuove spese per i contribuenti, e poi dall’appello alla “rivolta sociale”, emerge chiara l’irresponsabilità del sindacato rosso che, in sostanza, almeno per ora, si fa sentire sotto forma di disagi per cittadini e lavoratori (quelli che dovrebbero tutelare): oggi mezza Italia è bloccata dallo sciopero dei mezzi senza garanzia di fasce orarie in attesa, poi, della grande mobilitazione generale indetta da Cgil e Uil il prossimo 29 novembre. Caparbietà e chiusura al dialogo che lasciano interdetti anche alcuni colleghi di Landini: dalla Cisl, il segretario Luigi Sbarra dice chiaramente che “il Paese ha bisogno di unità, coesione, concordia e corresponsabilità per affrontare insieme le tante sfide che abbiamo davanti a noi”. Per Sbarra, intercettato dal Tg1, è infatti “sbagliato infiammare gli animi e invocare le rivolte sociali. La vera esigenza è la partecipazione per migliorare le conquiste sociali e rivendicare diritti e tutele“. Le conquiste sindacali, soprattutto con un governo che ha più e più volte dimostrato di sapersi aprire al dialogo, possono arrivare anche tramite i tavoli di confronto con l’esecutivo. Quando finalmente certa sinistra capirà che auto-dichiararsi democratici non è garanzia di democraticità.
Buongiorno, la CGIL, è il sindacato più numeroso d’Italia, perché su circa 5,5 milioni di iscritti, oltre la metà sono pensionati; quindi circa 3 milioni di iscritti, appartengono alla categoria dello SPI CGIL, ( SINDACATO PENSIONATI ITALIANI).
Di questi 3 milioni di iscritti alla categoria sindacale dei pensionati, circa 1,5 milioni non sanno di essere stati iscritti al sindacato dei pensionati, uno direbbe ma non è possibile, invece è possibilissimo, e vi spiego perché.
Quando un lavoratore attivo, raggiunge, l’età del pensionamento, per vecchiaia o per anzianità di servizio, si reca presso una sede del Patronato sindacale, per effettuare la domanda per il pensionamento, quasi mai viene chiesto al pensionando se vuole iscriversi, al sindacato dei pensionati, l’adesione nella maggior parte delle volte viene fatta firmare al pensionando, senza dirgli nulla, cosi avviene in molti casi l’iscrizione.
Così facendo il numero degli iscritti, si gonfia, e magari la metà di costoro non sanno nulla dell’iscrizione. La trattenuta sindacale, sulle pensioni, varia a seconda dell’importo della pensione lorda, quindi non rimane difficile, capire di quale mole di denaro può entrare nelle casse del sindacato, soltanto con la categoria dei pensionati. Faccio un esempio per capire; ( ipotizziamo che tutti gli iscritti pensionati della CGIL, hanno la pensione minima, cioè circa 600,00 euro mensili, la trattenuta all’incirca si aggira intorno ai 5 Euro mensili, quindi per ogni pensione minima, all’anno il sindacato dei pensionati si vede arrivare dall’Inps che effettua la trattenuta, circa 65,00 Euro. Provate a moltiplicare 65,00 euro per 3 milioni di iscritti e vi renderete conto, di cosa stiamo parlando, siccome non sono tutte pensioni minime, ma la maggioranza superano questo importo, ragionevolmente si può parlare di circa 30 milioni di incasso all’anno solo dalla categoria dei pensionati).
Per non parlare degli introiti, dei Caf sindacali, per le elaborazioni dei modelli 730, Unici, modelli Isee, Red e varie altre asseverazioni, Successioni registrazioni contratti di affitto e similari.
Non dimenticando la parte più cospicua i finanziamenti che arrivano al sindacato, per le attività svolte dai Patronati, e gli incassi che arrivano al sindacato per le trattenute sulle disoccupazioni agricole, sulle indennità di mobilità, cassa integrazioni guadagni, e naspi, che l’Inps trattiene sulle domande, per poi girare le trattenute al Sindacato.
Una messe di denaro pubblico, che si aggira intorno a svariate centinaia di milioni di euro.
E’ normale che i Landini e i Bombardieri di turno, abbaiano alla luna, parlano di sanità, di lavoro, di occupazione, di scuola, trasporti, di evasione fiscale, di tutto e di più, arrivando a ipotizzare una tassa patrimoniale, come panacea di tutti i mali del nostro paese.
Come se non bastasse, finito il mandato sindacale, il passaggio agli scranni del Parlamento è pressoché automatico, e per alcuni addirittura all’Europarlamento, per altri il CNEL, come per molti altri nei CIV ( Consigli di indirizzo e di Vigilanza, dell’Inps Inail e altri enti previdenziali).
Guardiamoci indietro nel tempo, nelle scorse legislature degli ultimi 30 anni, tutti i leader sindacali finito il loro mandato, tutti dico tutti sono approdati in Parlamento, in maggioranze di Governi più o meno variabili, molti di loro hanno avuto anche incarichi di rilievo, sia come ministri, vice ministri, sottosegretari, addirittura, sono giunti alle più alte cariche dello stato.
Una domanda sorge spontanea, la condizione dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati, delle classi sociali più deboli, sono migliorate quando i vari Landini e Bombardieri del passato hanno ricoperto ruoli di Governo?
Penso proprio di no, perché loro sanno alzare solo la posta in gioco, il livello dello scontro, fanno politica attiva, mentre sono nel Sindacato, soltanto per mero tornaconto personale.
Vi posso garantire, che le cose che vi ho detto sono realtà, io sono 30 anni che lavoro in questo mondo, e conosco tutti i retroscena, anzi se qualcuno del Governo, volesse avere delucidazioni sono a disposizione, saprei io come far tornare a più miti consigli i vari Landini e Bombardieri di turno.