La CGIL è notoriamente il sindacato più di sinistra della cosiddetta Triplice, formata anche da CISL e UIL, quindi, delle maggiori organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori operanti in Italia. Durante la Prima Repubblica la CGIL era composta da una minoranza di socialisti e da una solida maggioranza di iscritti al Partito Comunista Italiano, e tutt’oggi essa mantiene un’impostazione di sinistra massimalista. Tale sigla sindacale ha sempre agito più come un partito o movimento che altro e ha prediletto la faziosità politica al senso pratico, utile nelle varie contrattazioni con le associazioni di categoria dei datori di lavoro e le Istituzioni, e nell’impegno quotidiano, in teoria primario per un sindacato, volto a migliorare le condizioni dei lavoratori dipendenti.
Ai tempi della così chiamata Seconda Repubblica, la CGIL mordeva o tentava di farlo in presenza dei governi Berlusconi, ma diventava docile con gli esecutivi prodiani, ulivisti e di centrosinistra. Due pesi e due misure di una realtà ideologizzata che avversa da decenni in maniera aprioristica ogni tentativo di riforma del mondo del lavoro ed è rimasta ferma ad un’idea di società che non esiste più, ovvero, la preminenza dei lavoratori metalmeccanici su tutte le altre categorie e la lotta di classe, tipiche degli anni Settanta. Lo strabismo della CGIL è comunque proseguito dopo la fine del berlusconismo, infatti, il sindacato rosso non si è stracciato più di tanto le vesti di fronte alla promozione fattuale della precarietà e alla sottoscrizione di contratti collettivi di lavoro infami, quelli delle paghe di cinque euro orari per determinati operatori nel terziario, avvenute sotto l’egida dei governi tecnici con il PD e di quelli politici del PD.
Il segretario generale della CGIL Maurizio Landini non ha mai perso il sonno per quelle persone rovinate dai lockdown e dalle chiusure indiscriminate e spesso non necessarie decise con piglio autoritario dal Governo Conte II durante la pandemia. I locali pubblici, bar, ristoranti e simili, hanno un titolare, una partita IVA senz’altro odiata dai comunisti classisti, ma vanno avanti anche attraverso il personale dipendente, che dovrebbe trovarsi in cima alle preoccupazioni di ogni sindacato. Stavano tutti abbastanza bene nel periodo del Covid, anche se veniva tolto loro il diritto al lavoro e con esso, lo stipendio, quindi Landini non si sentiva in dovere di fare sentire la propria accorata voce. Oggi invece, il leader della CGIL sbraita perché, a suo dire naturalmente, l’Italia guidata da Giorgia Meloni sarebbe diventata una specie di Repubblica latifondista nella quale pochi detengono tutto e la massa si arrangia fra povertà, lavoretti precari e una Sanità pubblica allo sfascio. Siamo in democrazia nonostante la sinistra massimalista e Maurizio Landini è libero di affermare tutte le stupidaggini che vuole e di essere fazioso all’estremo circa l’azione dei governi passati e quanto fa ogni giorno il Governo Meloni.
Gli italiani, i lavoratori e i possessori di tessera sindacale, anche della CGIL, giudicheranno e in ogni caso, un certo tipo di sindacalismo settario non fa più presa nella opinione pubblica. Vi è però una sorta di Rubicone che è bene non varcare mai e questo vale anche per il compagno Landini. Il segretario della CGIL vede appunto l’Italia come una Nazione in balìa di fascismi e prevaricazioni sociali e non scorge altra soluzione che invocare la rivolta. Egli vuole la rivolta sociale contro le politiche del Governo Meloni e ha sottolineato questa sua aspirazione in almeno due occasioni pubbliche. Si tratta di un linguaggio molto pericoloso e si possono ravvisare anche estremi di reato perché non ha nulla di legale l’esortazione al compimento di sommosse ai danni di un potere esecutivo eletto dalla maggioranza degli italiani.
Maurizio Landini non rettifica e rilancia, ma cosa intende il leader sindacale per rivolta sociale? Vuole che l’Italia torni agli Anni di Piombo, alle P38 delle Brigate Rosse, che ritenevano la lotta armata come l’unica via possibile per abbattere il capitalismo e instaurare la dittatura del proletariato? Sul fronte delle proteste svolte a lungo negli anni Settanta presso gli stabilimenti Fiat di Torino, alcuni sindacalisti estremi, a forza di esasperare toni e posizioni, passarono alla lotta terroristica. Se il segretario generale della CGIL non rettifica, non chiarisce e punta ad occupare il ruolo di cattivo maestro, è legittimo interpretare nel peggiore dei modi le sue esternazioni.