A solo un giorno dalla messa in scena della prima del Don Carlo di Verdi, la Scala di Milano è passata dall’essere uno dei teatri più belli e importanti della Nazione al farsi innocente palcoscenico di un indecoroso e irrispettoso teatrino. Irrispettoso verso la sacralità dell’evento, del luogo e delle figure coinvolte. Protagonista in negativo, come sempre, la sinistra.
Le prime sirene d’allarme sono suonate quando il presidente della Repubblica Mattarella ha declinato l’invito: al suo posto, in sua rappresentanza, come vogliono il cerimoniale e la legge, ci sarà il presidente del Senato in quanto seconda carica dello Stato. Così iniziava a configurarsi la composizione del palco reale, con la presenza di Ignazio La Russa e del sindaco di Milano Giuseppe Sala. Quando, però, è arrivato il rifiuto della senatrice a vita Liliana Segre al gentile omaggio del presidente La Russa di accomodarsi con loro sul palco reale, anche come ulteriore segnale di appoggio dell’Italia a Israele nella questione mediorientale – rifiuto motivato dal preferire sedere in platea, così come il collega senatore a vita Mario Monti – Giuseppe Sala non se l’è fatto dire due volte e ha colto subito l’occasione per lasciare il palco reale e raggiungere la platea al fianco di Segre. Tutto bello, se non fosse che lui, da padrone di casa, abbandona la seconda carica dello Stato che, come detto, è in rappresentanza della prima e, così, di tutta la Nazione. Insomma, uno schiaffo al rituale e un enorme mancanza di rispetto verso La Russa, verso la sua carica e verso l’Italia intera.
Ma al peggio non c’è mi fine: così, alla figuraccia, voluta o meno, di Sala si accodano CGIL e ANPI che, in nome dell’antifascismo, hanno scelto di non partecipare ai consueti saluti che si rivolgono alle cariche dello Stato. “Non parteciperemo – scrivono – ad alcun cerimoniale di saluto istituzionale rivolto a chi non ha mai condannato il fascismo, le sue guerre coloniali, l’alleanza e la sudditanza al nazismo che ha generato leggi razziali e tanto lutto e miseria al popolo italiano. I fascisti – concludono – non sono graditi alla Scala”. Ancora una volta, in nome di uno sbandierato antifascismo, la sinistra manca di rispetto alla Nazione intera. Senza considerare, poi, parli di distanza dalle leggi razziali chi ha faticato e fatica oggi a prendere una posizione netta sul conflitto mediorientale, facendo la morale a chi, invece, ha da subito condannato il terrorismo palestinese.
Dopo queste dichiarazione, con coraggio La Russa si era detto disposto a lasciare il palco reale per raggiungere anch’egli Segre in platea. Ma per fortuna a situazione è in parte rientrata in serata, col palco reale composto da Segre, La Russa, Sala e accompagnatrici. Resta però la figuraccia e fallisce il misero e consueto tentativo di dipingere di rosso (oltre che delle poltrone) anche la Scala di Milano.