Sono passati giorni da quando Carlos Tavares ha rassegnato le sue dimissioni da ad di Stellantis, da quando insomma l’azienda è piombata nel caos più di prima. Sono 97 i licenziamenti con cui gli operai devono fare i conti. Licenziamenti che riguardano, in particolare, Trasnova, che collabora proprio con Stellantis. La maggioranza dei licenziamenti riguarda lo stabilimento di Pomigliano, ma sono stati mandati a casa operai anche di altre sedi, come Melfi e Mirafiori. Una tragedia annunciata perché Stellantis è in balia delle onde da tempo, incapace di far fruttare l’ammontare corposo di fondi statali che i governi le hanno regalato. Tanto incapace da chiederne altri, come se lo Stato (e dunque tutti i cittadini) fosse un pozzo senza fondo che elargisce denaro senza chiedere risultati in cambio.
Green e padroni: il Pd non sta veramente con gli operai
Insomma, sono passati giorni dall’inasprimento della crisi dell’automotive italiana e solo ieri Elly Schlein, la segretaria del partito erede, almeno sulla carta, dei movimenti operai e dell’ideologia marxista, si è fatta viva a Pomigliano proferendo finalmente parola sulla questione. Questione che meriterebbe l’attenzione di una sedicente sinistra in quanto tale. E invece Schlein non solo è rimasta in silenzio sulle ultime derive dell’azienda, ma si è fatta anche anticipare dal Movimento Cinque Stelle e da Giuseppe Conte, che hanno fatto oggettivamente più confusione dei dem.
Il perché di questo timore è chiaro, non ci sarebbe neppure bisogno di spiegarlo: il rischio di criticare la gestione di Stellantis è far infuriare il suo capo, John Elkann, che è contemporaneamente il proprietario dei maggiori giornali progressisti e megafoni della nuova gauche caviar a cui il Pd ha aderito. Dire una parola fuori posto potrebbe dire perdere spazio sui giornali più letti dallo stesso elettorato di riferimento.
Ma Schlein, intrepida, si comporta quasi come se gli altri non lo sappiamo, e fuori ai cancelli dello stabilimento di Pomigliano d’Arco, incolpa inevitabilmente il governo. Della serie, “ha stata la Meloni”. “Quello a cui assistiamo tra governo e Stellantis è un imbarazzante rimpallo di responsabilità che pagano sulla pelle i lavoratori. Sono 400 famiglie che rischiano di essere lasciate per strada, non lo possiamo accettare”. Per fortuna, riesce a dire anche qualcosa ai padroni: chiede loro di “riportare in Italia le produzioni di auto per il mercato di massa nell’elettrico, perché non possiamo lasciare il campo libero soltanto ad altri produttori di altri Paesi” e di riferire in Parlamento che “sul piano industriale che garantisca l’indotto e l’occupazione”. Ma resta l’atavico ritardo. E non solo: se infatti l’automotive italiana, così come quella europea, sta in queste condizioni, lo si deve soprattutto alle imposizioni di Bruxelles e alle sue politiche di transizione energetica a tutti i costi, il cui unico risultato è stato far capire che il mercato europeo non è pronto all’elettrico, specie contro la concorrenza spietata della Cina che infatti ci sta surclassando in questo settore. Il Pd ha sempre appoggiato queste politiche, ma a Pomigliano Schlein ha dimenticato di dirlo, questo.
Nel suo intervento, infine, c’è stata una chicca, che merita la chiusura di questo articolo. Gli operai, infatti, hanno iniziato a intonare cori in favore del segretario della Cgil, Maurizio Landini, l’uomo che protesta contro i tagli delle tasse e contro l’aumento dell’occupazione. A quel punto, forte del loro appoggio, Schlein gli ha pure dedicato due parole: “Ha subito attacchi indecenti”…