“Sei antifascista?”. Eccola la domanda più attesa di questo Sanremo. Il quesito per diventare presentatore del festival della canzone italiana, e in generale per entrare a far parte del mondo dello televisione e dello spettacolo, è arrivata, posta a Carlo Conti durante la conferenza stampa di ieri. La domanda finale per poter ottenere la patente di democraticità, rilasciata da certi intellettuali. Eppure Carlo Conti, in questi ultimi mesi, ha fatto di tutto per tenere la politica lontana dal palco dell’Ariston. Ha dovuto beccarsi già metri cubi di inchiostro di critiche per aver de-politicizzato i testi delle canzoni in gara. Chi le ha ascoltate, ha già sentenziato che saranno più povere degli scorsi anni, quando ovviamente sul palco si parlava di migranti e di Palestina, o quando si arricchiva l’asta del microfono con un bel gagliardetto arcobaleno. Sanremo era diventato il palcoscenico preferito per mostrare agli italiani come certa politica voleva rendere l’Italia. Per dirlo platonicamente, l’Ariston era l’idea a cui la sinistra si ispirava per modellare la realtà. Memorabile la slinguazzata tra un cantante e un padre di famiglia con due figli e una moglie dietro le quinte.
Il fiorentino, che nella sua carriera ha sempre scelto di moderarsi in fatto di politica, è stato incalzato dalla domanda dell’inviato di Dagospia: “Siete antifascisti?”. Ma in ogni caso, chi si aspettava che il conduttore si alzasse in piedi, sventolando una bandiera rossa (magari quella dell’Anpi) con un pugno chiuso verso l’alto e mostrando a tutti il Manifesto, è rimasto scottato. “Sì, certo, sono antifascista, che problema c’è?” ha spiegato. Nessun problema, il fascismo è morto e sepolto da ottanta anni, nacque più di cento anni fa e almeno per i prossimi anni non c’è nessuno che mette in discussione i principi fondamentali della nostra Costituzione, quelli che sono immodificabili, garanzia della stessa Repubblica. Parlare oggi di fascismo e antifascismo senza storicizzare i due termini, senza specificare che si tratta di roba per fortuna passata, trattandola invece come attuale, non è forse qualcosa di sorpassato? E se l’è chiesto anche lo stesso Carlo Conti, che ha continuato: “Visto che è il 2025, mi pare un quesito anacronistico, pur non dimenticando i nostri nonni che persero la vita per noi”. In pratica, ha dato il benservito al giornalista, con tanti saluti a chi sperava nell’ennesima polemica.
Non si sa che Sanremo sarà effettivamente, se sarà il solito fenomeno da barraccone che mette sul palco tutte le derive possibili di questo mondo oppure se i suoi partecipanti rispetteranno quel vincolo alla politica. Ma c’è da dire, sicuramente, che malgrado la volontà del direttore artistico sia quella di tenere lontani dal palco i temi di attualità ricordando a tutti che si tratta di una competizione canora e non di un comizio elettorale, certe persone proprio non ce la fanno a godersi lo spettacolo così com’è e devono per forza allargare il discorso tirando in ballo argomenti ormai superati. Qual era poi l’intento? Sperare che Carlo Conti dicesse di essere un fascista o forse peggio di non essere antifascista? Cosa sarebbe successo in quel caso? Quindi per favore, prima ancora che scoppino altre polemiche: godetevi questo Sanremo e non rimpiangete l’egemonia culturale di una fazione politica sulla Tv pubblica, altrimenti non sarete neppure credibili quando riprenderete a parlare di “tele-Meloni”.