Archiviata la legge di bilancio e la pausa natalizia, alla Camera la maggioranza è pronta a incassare il primo via libera alla riforma della separazione delle carriere della magistratura. Oggi alle 12 scade il termine per presentare gli emendamenti e domani l’aula comincerà a discuterli.
In ballo, il primo dei quattro voti che la riforma costituzionale richiede e che, sulla carta, dovrebbe scivolare liscio. Il centrodestra può contare anche sulla sponda di Italia viva, Azione e Più Europa, da sempre favorevoli al testo. Restano contrari Pd, Movimento 5 stelle e Avs che probabilmente ripresenteranno gran parte degli emendamenti proposti nella commissione Affari costituzionali, ma con pochissime chances di farcela.
La riforma della giustizia prevede che, a differenza di oggi, le carriere dei magistrati che fanno le indagini (pm) siano distinte da quelle dei giudici (di tribunale e delle Corti) per cui ciascuno a inizio carriera dovrà fare una scelta definitiva di funzione, e restarci. Insomma niente più ‘porte girevoli’ tra pm e giudici secondo un’espressione abusata negli anni scorsi, vista l’anzianità della battaglia che però non convince gran parte delle toghe.
Sulla giustizia il centrodestra vanta compattezza e finora la squadra ha retto, solida. Lo rimarcano a gran voce tutte le forze di maggioranza. La riforma della giustizia, infatti , è una delle priorità del centro destra che priorità promette celerità nel l’approvazione: “In Parlamento lavoreremo perché il testo possa essere approvato nel più breve tempo possibile”. E anche in vista di domani solo FI sta valutando se intervenire ritoccando il meccanismo di scelta dei componenti laici del Consiglio superiore della magistratura: ora è affidato a un sorteggio che però – è il ragionamento che circola nel partito – rischia di sbilanciare il sistema, rispetto ai 2/3 dei togati. Ma niente di più, assicurano i tre partiti. Compresa la Lega, tentata di recente dal rilancio sulla responsabilità civile dei magistrati. Il tema si è riproposto subito dopo l’assoluzione di Matteo Salvini al processo Open arms, il 20 dicembre scorso. Una questione che potrebbe animare l’elettorato leghista e trovare il sostegno degli alleati, ricompattati di recente dallo scontro con la magistratura che ha bocciato i trasferimenti dei migranti verso l’hotspot voluto dal governo Meloni in Albania.