Separazione delle carriere, verso l’approvazione nel 2025

La riforma della giustizia è pronta e il 2025 potrebbe essere l’anno giusto per la sua approvazione finale. Si tratta di una riforma costituzionale, quindi tempi più lunghi e due votazioni per camera e, nel caso di mancata approvazione finale, la parola passerà ai cittadini attraverso il referendum. Ma i numeri non spaventano: c’è il sì compatto, come sempre, della maggioranza e l’assenso del fu terzo polo, con Italia Viva, Azione e anche +Europa che in commissione Affari costituzionali della Camera hanno manifestato più volte il loro favore alla riforma. Riforma che rientra da tempo e a pieno nel programma elettorale della maggioranza secondo un bisogno che via via è diventato sempre più impellente: “La vicenda di Salvini – ha detto Andrea Pellicini, componente della commissione Giustizia alla Camera per Fratelli d’Italia, commentando l’assoluzione del viceministro – dimostra due cose: la prima è che bisogna sempre credere nella giustizia. Prima o poi troverai un giudice preparato e onesto che saprà riconoscere le tue ragioni. Ce ne sono tantissimi che vanno ringraziati per il difficile compito che svolgono ogni giorno. La seconda è che si deve procedere con la riforma costituzionale della separazione delle carriere come ulteriore garanzia del cittadino contro i teoremi di qualche pubblico ministero politicamente schierato”.

Una riforma “giusta, necessaria, storica”

Già a febbraio potrebbe concludersi l’iter di approvazione della riforma alla Camera ed entro giugno potrebbe arrivare il sì del Senato. A maggio il testo era stato vidimato dal Consiglio dei Ministri: per Giorgia Meloni si trattò di una riforma “giusta, necessaria, storica, che si aggiunge alle altre riforme che questo governo ha già varato come la riforma del fisco e la riforma istituzionale”, introducendo importanti novità: il sorteggio dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura per evitare la rottura della magistratura in correnti che logorano proprio la giustizia e i servizi offerti al cittadino; la creazione, poi, di un organismo indipendente, l’Alta Corte Disciplinare, che andrà ad affiancarsi al Csm per esprimersi sui magistrati, prerogativa che al momento spetta proprio al Csm. The last but not the least (niente affatto…), la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, in modo da distinguere la carriera di chi giudica da quella di chi indaga. Una riforma attesa da trent’anni, che anche i governi Berlusconi volevano attuare ma furono fermati sappiamo come. Una riforma che persino mostri sacri della giustizia italiana avrebbero voluto attuare. Su tutti, Giovanni Falcone: “Il Pubblico Ministero – diceva il magistrato siciliano – non deve avere nessun tipo di parentela con il giudice e non deve essere, come invece oggi è, una specie di paragiudice. Chi, con me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del Magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il P.M. sotto il controllo dell’esecutivo”.

Seguendo le orme di Falcone

Nel segno di Falcone, prosegue il lavoro della maggioranza. Tanto che il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, ha proposto di intitolare il testo proprio al palermitano al quale la platea di Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, riservò una standing ovation: “Il primo a invocare la separazione delle carriere come fondamentale per la giustizia italiana è stato Giovanni Falcone – disse il giornalista in presenza del presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia –. Giovanni Falcone che adesso, post mortem, è diventato l’eroe per la magistratura, ma anche il vessillo di una parte della magistratura e della sinistra politica quando – è storia – Giovanni Falcone prima di essere ucciso dalla mafia è stato ucciso dal CSM e dalla sinistra. Giovanni Falcone – ha aggiunto in quell’occasione Sallusti – era sostanzialmente comunista: non faceva politica attiva ma il suo punto di riferimento si chiamava Berlinguer. Se metto a confronto il verbale” del processo di Falcone al Csm e “il fatto che in una sala conservatrice di destra, al nome Giovanni Falcone ci si alza in piedi e si applaude, c’è qualcosa che non va”.

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