Il Senato della Repubblica ha approvato il ddl sul premierato, i voti a favore sono stati 109, quelli contrari 77 ed è avvenuta l’astensione del rappresentante della Sudtiroler Volkspartei Meinhard Durnwalder. Il ddl che indica l’elezione diretta del Presidente del Consiglio passa ora all’esame della Camera dei Deputati, che accelera, intanto, l’iter di approvazione della Autonomia differenziata. Con il sì di Palazzo Madama la riforma del premierato, che sta a cuore alla maggioranza di governo, compie il suo primo importante passo e ciò testimonia anzitutto la sintonia che lega, circa le riforme istituzionali e pure per quanto riguarda il resto dell’azione di questo esecutivo, Fratelli d’Italia agli alleati di centrodestra. Il via libera del Senato al premierato dice alla Nazione che la classe dirigente guidata da Giorgia Meloni porta a termine le promesse o perlomeno fa tutto il possibile affinché le parole si tramutino in fatti. La premier e FdI, ma anche gli alleati, eredi di un centrodestra che, ancora prima degli anni Duemila, parlava già di sintesi fra presidenzialismo e federalismo, a maggior ragione in questa fase storica in cui si trovano alla guida dell’Italia e possono passare dalla teoria alla pratica, sostengono la necessità di una riforma come quella del premierato sia nel nome di un sentimento antico che all’insegna di una razionalità contemporanea. La destra italiana, dove è nata e cresciuta Giorgia Meloni, si batte dal dopoguerra per l’instaurazione in Italia della democrazia diretta, ma il bisogno di rivedere il ruolo del potere esecutivo, nel nostro caso interpretato dal Presidente del Consiglio, premier o primo ministro che dir si voglia, è dovuto ad una situazione nazionale di instabilità e ingovernabilità frequenti che è sempre stata evidente a tutti, e chi la nega, rifiutando di cambiare una Costituzione vecchia di più di settant’anni, è stolto oppure, come il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, in malafede. Le opposizioni, soprattutto quelle capitanate da Elly Schlein e Giuseppe Conte, agitano la Costituzione e sventolano il Tricolore in Parlamento, dopo aver detto per decenni che un eccessivo attaccamento alla bandiera significasse fascismo, ma non la contano giusta perché loro, evidentemente, amano il pantano e i continui scricchiolii nella politica italiana, che garantiscono un posto al sole anche senza vincere le elezioni. L’Italia repubblicana si è un po’ difesa grazie ad alcune leadership forti, ultima delle quali proprio quella di Giorgia Meloni, e all’equilibrio, giusto o sbagliato che fosse, della Prima Repubblica in cui i premier venivano cambiati spesso, a volte anche ogni sei mesi, ma a dare le carte rimanevano sempre gli stessi partiti. Tuttavia, il pentapartito è morto e sepolto da un trentennio e non ci sono sempre leader carismatici a disposizione, perciò, più per l’immediato futuro che per il presente caratterizzato da un Governo Meloni stabile e coeso, serve che il Presidente del Consiglio sia eletto dal popolo e, grazie a tale investitura, possa lavorare per un intero mandato con serenità, senza doversi difendere periodicamente da sgambetti e ricatti. Durare è importante, ma è vitale altresì poter esercitare appieno il proprio incarico, altrimenti, si muore poco per volta di apatia. Stabilità e governabilità devono sempre accompagnarsi. L’impossibilità per partiti e conventicole, prevista dal ddl sul premierato, di effettuare ribaltoni nel corso della legislatura costituisce il massimo del rispetto verso il voto degli italiani e, va da sé, non c’è nulla di più democratico di questo. Eppure, se dessimo retta alle opposizioni, PD, M5S e AVS, dovremmo ritenere che sia in corso un colpo di Stato liberticida ad opera di una destra pericolosa e violenta a livello istituzionale, (Nicola Fratoianni docet!). Beh, possono essere rispedite subito al mittente le lezioni sulla violenza impartite da un esponente politico che sistema a Strasburgo una “martellatrice”. Non sappiamo più in quale modo spiegarlo, ma il premierato non serve a Giorgia Meloni, che guida una maggioranza unita, ma alla Nazione e al suo futuro. Non si sta imponendo nulla con trucchi anticostituzionali, bensì si segue un iter parlamentare di approvazione, e se esso non si rivelerà sufficiente si ricorrerà al referendum, rispettandone naturalmente l’esito. C’è una coalizione di centrodestra che in campagna elettorale ha promesso le riforme istituzionali ed oggi è normale che Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega cerchino di mantenere fede ai loro impegni enunciati. Sarebbe grave se stesse capitando il contrario. Avanti, quindi, con il premierato e, come recitavano i manifesti di FdI dei primi anni, senza paura!