Son passati oramai 4 anni da quel giorno maledetto in cui l’Italia centrale tremò, scossa da una calamità naturale i cui segni sono tangibili ancora oggi. Son passati 4 anni da quando si promise di avviare la ricostruzione di una realtà, quella di Amatrice e dei territori contigui, provata dallo scatenarsi della potenza della terra.
Son passati 4 anni e tutt’ora, in quel microcosmo colpito da tanta sciagura, c’è ancora molto da fare, c’è ancora molto da ricostruire. E’ necessario che – al di là delle tante belle parole di circostanza, al di là del levarsi ossequiosamente il cappello di fronte alla malasorte – le istituzioni raccolgano il grido di dolore di molti.
Perchè oltre al ricordare le vittime di quel terribile terremoto, vanno ricordati anche quelli che son rimasti. Non solo. Vanno aiutati. Si pensi agli sfollati, si pensi alle attività produttive che hanno conosciuto l’onta dell’abbandono da parte dello Stato e dei suoi governi, si pensi alle risposte concrete che sono state cercate senza essere ottenute.
E’ necessario che lo Stato sia presente, che lo Stato colmi gli enormi ritardi dettati da una burocrazia pachidermica, che lo Stato sostenga quelle popolazioni, le loro attività economiche e lavorative, serve che lo Stato dia realmente agli abitanti del centro Italia, vittime del dolore del lutto, eroi coraggiosi della rinascita, la possibilità di tornare a vivere e lavorare nei propri territori.
In questa direzione va l’appello accorato lanciato da Giorgia Meloni, nella speranza di spronare questo Governo a non dimenticare uomini e donne sopravvissuti alla sciagura. “Non possiamo e non vogliamo dimenticare, continuiamo a batterci affinché non si spengano i riflettori sulla ricostruzione”.
Che non si spengano davvero: si renda onore a chi non c’è più costruendo un domani radioso per chi è rimasto, affinché si possa dire che l’Italia è realmente a fianco delle sue genti.