Soranzo (FdI): Il pdl sul fine vita: la posizione del Gruppo Consiliare Veneto di FdI

Si può chiamare con termini diversi: eutanasia, suicidio assistito, riconoscimento del percorso di fine vita, che potrebbe sembrare più rispettoso, ma la sostanza non cambia. Nell’ordinamento giuridico italiano esiste chiaramente la sussistenza di un diritto alla vita, ma non è invece altrettanto possibile affermare, con la stessa certezza, l’esistenza di un diritto alla morte. Il tutto, reso più complicato dalla distinzione tra ordinamenti a modello aperto, quando l’esercizio del diritto a morire è subordinato a una espressa volontà manifestata dall’individuo e alla sussistenza di patologie terminali che consentano di ammetterne l’assistenza al suicidio (come in Svizzera e in Canada), e ordinamenti a modello chiuso, come avviene in Italia, dove al soggetto è concesso solo il diritto al rifiuto delle cure.

“La vita è sacra”, dichiara il presidente del gruppo consiliare regionale Enoch Soranzo, “e non
crediamo sia possibile porvi fine grazie a una sentenza della Corte Costituzionale. Non riteniamo neppure che la strada corretta sia la via delle proposte di legge regionali, che appaiono come un chiaro strumento di pressing psicologico sul governo centrale, con l’intento di creare una prassi normativa diffusa tale per cui il Parlamento non possa che ratificare a livello nazionale ciò che già accade a livello locale. La morte non è mai una soluzione, e pensiamo che anche nei casi estremi ci si debba porre la domanda se sia stato fatto tutto il possibile per curare e assistere le persone malate e i loro familiari nel percorso di sofferenza verso la fine della vita.

In questo complesso e delicato contesto non escludiamo tuttavia sia praticabile una mediazione giuridica che consenta l’assistenza al fine vita nelle condizioni precisate nella sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale, cioè quando la persona deve essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Ricordo inoltre che le Regioni non hanno competenze sui diritti civili ma soltanto sulle cure palliative e sull’assistenza e l’accompagnamento del paziente e dei suoi familiari al termine della vita.

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