La prima notizia sembrerebbe quella che vede il PSOE vincere le elezioni generali undici anni dopo Zapatero. Ma in realtà tra le pieghe di queste elezioni le notizie sono tante, tutte importanti ma molto diverse tra loro.
Cominciamo con la più ovvia, che vede il PSOE raggiungere La Moncloa attraverso la vittoria delle elezioni generali, e non con le mozioni di censura. I voti raccolti sono poco più del 28% e 123 i deputati. Inoltre il partito di Pedro Sanchez ottiene anche la maggioranza assoluta al Senato. Tutto sommato, almeno in questo caso, sono stati rispettati i sondaggi.
Ad uscire con le ossa rotte dalle elezioni generali è invece Pablo Casado e il suo PP che arriva al 12% e guadagna solo 57 deputati, praticamente numeri dimezzati rispetto a prima. Però, anche con questa schiacciante vittoria sul PP, il PSOE non ottiene la maggioranza ampia e sufficiente per governare così come i suoi dirigenti desideravano e forse, un po’, si erano illusi di ottenere anche se l’avanzata è incontestabile, da 85 deputati nel 2016 a 123 di oggi. Ma anche così, per poter governare, al PSOE sarà necessario il sostegno di alcuni o addirittura tutti questi come United Podemos e della sua confluenza catalana, Compromís , o anche l’appoggio del PNV e di diversi altri partiti, come la Canary Coalition o la nuova formazione di Miguel Angel Revilla che ha ottenuto un seggio in Cantabria .
Una folla, dunque, che richiederà continue e affannose trattative tra alleati, magari senza la feroce dipendenza che esisteva con gli indipendentisti catalani, e che lascia comunque nell’aria il desiderio di Sanchez di un governo solitario. Del resto, il sorridente leader dello PSOE non ha grande spazio di manovra o troppe scelte possibili. L’unica maggioranza davvero solida sarebbe un accordo con Ciudadanos, che però sia lo stesso Sanchez che Albert Rivera – leader dei Ciudadanos – rifiutano apertamente. E l’opposizione non arriva solo dai vertici. Anche la base socialista non sembra accettare l’idea di una simile alleanza, almeno a giudicare dai cori partiti nel quartier generale socialista di Ferraz, dove più volte si è cantato “con Rivera no”. Sanchez si è detto ovviamente d’accordo con questa posizione anche se ha già annunciato che nei prossimi giorni parlerà con tutte le forze politiche del paese. Ovviamente… tutte quelle che rispettano la Costrituzione, ha tuonato, in aperto riferimento al risultato dell’estrema destra, per la prima volta in Parlamento.
E arriviamo al punto, dunque, l’ingresso di un partito della cosiddetta “ultradestra” per la prima volta nel Parlamento spagnolo con 24 seggi. Qualcuno dice che questa vittoria storica della destra, questo ingresso in Parlamento con una pattuglia di tutto rispetto sia la figlia dell’indipendentismo, e delle lotte che esso ha scatenato.
Vada come vada, ha detto bene il leader di Vox Santiago Abascal: “Possiamo dire a tutta la Spagna che Vox è qui per rimanerci”. E ancora: “Questo è solo l’inizio”, ha poi concluso. Vox col suo 10% avrà un bel peso.