La libertà e il sacrosanto diritto di manifestare ogni idea politica, anche la più repellente, sono beni preziosi, da salvaguardare sempre. Purtroppo, non tutti ne vogliono disporre in maniera corretta e gli estremisti di sinistra sono fra i peggiori utilizzatori degli strumenti offerti dalla democrazia e dallo Stato di diritto. L’Italia repubblicana ha sempre avuto a che fare, suo malgrado, con il radicalismo rosso, che ha cambiato più volte nomi, facce e sigle. I movimenti del Sessantotto furono quelli che più evolsero, anche se parlare di evoluzione non sembra granché opportuno, in forme drammatiche di lotta politica, cioè, l’organizzazione in bande armate come le Brigate Rosse e simili.
Per carità, non tutti i sessantottini divennero terroristi, tuttavia una parte dei protagonisti di quella stagione passò dalle proteste studentesche e dalle scritte sui muri ad impugnare la P38. Negli anni successivi, senz’altro più tranquilli di quelli definiti di piombo, sono comunque ricomparsi come fiumi carsici gruppi di estrema sinistra, i quali, almeno fino ad ora, non sono mai giunti al livello criminale delle BR, ma sono stati capaci di far degenerare delle manifestazioni di piazza, spesso non autorizzate, in scontri fisici con le Forze dell’Ordine, oltre a danneggiamenti di proprietà pubbliche e private, scritte minatorie e atti dimostrativi permeati di odio e violenza come i fantocci bruciati e le foto a testa in giù di personalità della politica.
I nomi utili a circoscrivere tali frange della sinistra sono stati molteplici negli ultimi vent’anni, complici anche le semplificazioni giornalistiche. Abbiamo scritto e parlato di no-global, anarchici, black bloc, antagonisti, antifa, che sta per antifascisti, centri sociali e Pro-Pal, ossia, pro-Palestina. Le definizioni cambiano, ma la sostanza è bene o male sempre la stessa, intrisa di estremismo rosso e di odio anti-occidentale, soprattutto anti-americano ed anti-israeliano, senza dimenticare il disprezzo, umano ed ideologico, per tutti i governi di centrodestra, incluso l’ultimo, il Governo Meloni, e sarebbe strano se fosse il contrario. I componenti di queste fazioni sono sempre i medesimi e ogni tanto si aggiunge qualche nuovo giovane a dare manforte ai “vecchi”, che pure rimangono come cattivi maestri per i loro eredi.
Adesso, vanno per la maggiore i Pro-Pal, vista la guerra nella Striscia di Gaza, e dove arrivano loro, finisce sempre allo stesso modo: muri imbrattati con parole ben poco concilianti, vandalismi di vario tipo e botte a Polizia e Carabinieri. Tanti sono già stati, in diverse parti d’Italia, gli episodi di grave violenza urbana la cui responsabilità è da ascrivere ai facinorosi Pro-Pal. Solo sabato scorso un corteo pro-Palestina a Milano è stato nuovamente caratterizzato da scontri tra i teppisti con la kefiah, usata anche per coprire i volti, e gli agenti delle Forze dell’Ordine. Le tensioni sarebbero iniziate dall’avvio della procedura di identificazione di alcuni dei manifestanti svolta dalla Polizia. Quando si và in piazza per difendere una causa e ci si agita subito di fronte ad un normale controllo, e si cerca pure di celare il proprio volto, è evidente che l’intenzione non sia quella di propagandare delle posizioni in modo pacifico e rispettoso della legge. Polizia e Carabinieri hanno il diritto-dovere di chiedere le generalità a chicchessia e non commettono alcun abuso in questo.
Tutti noi, magari attraverso gli spostamenti in auto o con i mezzi pubblici, possiamo trovarci a dover esibire un documento d’identità ad un agente, e se reagissimo come i Pro-Pal del corteo milanese, l’Italia diventerebbe il Far West. In ogni caso, sette persone sono state condotte in Questura per accertamenti. Oltre ai tafferugli e ai fumogeni lanciati dai manifestanti, qualche Pro-Pal ha scritto con la bomboletta spray sulla vetrina della filiale del Banco BPM di piazzale Lagosta “Spara a Giorgia”. Hanno subìto danneggiamenti anche la filiale del Banco Desio di via Traù e il punto vendita Carrefour di via Alserio.
In teoria, molto in teoria, questi individui stavano perorando una causa pacifista contro le operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza. Volere la pace nel mondo e poi menare i servitori dello Stato in uniforme, distruggere tutto ciò che si incontra durante il corteo e chiedere l’uccisione del Presidente del Consiglio, qui compare l’istigazione a delinquere, sono cose che non stanno insieme e la contraddizione è gigantesca. Ma sappiamo bene chi sono questi personaggi, ovvero, degli estremisti interessati, non a pacificare la Nazione in cui vivono e il resto del pianeta, bensì a odiare sistematicamente tutto ciò che è riconducibile, anche solo alla lontana, agli Stati Uniti, a Israele, agli ebrei e alle destre occidentali, ad iniziare da quella italiana. Invitare a sparare a Giorgia Meloni, ci sembra un segnale assai inquietante circa quanto si annida in questi gruppi cosiddetti Pro-Pal, e tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento avrebbero dovuto condannare all’unisono la preoccupante scritta.
Invece, Elly Schlein e compagni ci hanno assordato con il loro silenzio perché le sinistre si indignano solo a giorni alterni e preferiscono conservare le forze per scovare il fascismo che ovviamente non c’è dietro al DL sicurezza del Governo. Il decreto sicurezza, che stabilisce maggiori tutele per le Forze dell’Ordine, è appena il minimo sindacale che permette allo Stato di difendere i propri servitori e i cittadini da gruppi oltranzisti che trasformano ogni manifestazione in aggressioni fisiche e devastazioni del patrimonio pubblico e privato. Bisogna dare il giusto peso alle cose e se è vero che non siamo davanti, per ora e speriamo pure per il futuro, alle Brigate Rosse, è altrettanto veritiero il ricordo degli esordi dei brigatisti, passati da proteste urbane manesche all’assassinio di Aldo Moro.