Vent’anni fa, la sera del 2 aprile 2005, si spegneva San Giovanni Paolo II, il Papa polacco che per oltre 26 anni ha guidato la Chiesa cattolica con un pontificato titanico, traghettandola nel terzo millennio e abbattendo i muri – fisici e ideologici – del comunismo. Oggi, nel ventesimo anniversario della sua morte, il mondo e la Chiesa lo celebrano come un gigante della fede e un guerriero della libertà, il cui coraggio ha cambiato il corso della storia, dalla Polonia oppressa dal giogo sovietico alla caduta del Muro di Berlino.
Nella Basilica di San Pietro, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha presieduto una messa solenne per commemorare Wojtyła, alla presenza della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del sottosegretario Alfredo Mantovano. “Ricordiamo con gratitudine il suo instancabile servizio per la pace”, ha dichiarato Parolin nell’omelia, rievocando i giorni drammatici di vent’anni fa: la Via Crucis al Colosseo seguita da un Papa sofferente ma incrollabile, la benedizione muta dalla finestra su una Piazza San Pietro gremita, e l’addio di un popolo che lo acclamò “Santo subito!”. “Non ha mai cercato di piacere agli uomini, ma a Dio”, ha aggiunto il cardinale, citando il celebre invito del 1978: “Non abbiate paura, spalancate le porte a Cristo!” – un grido che fu un colpo mortale al totalitarismo comunista.
Un condottiero contro la “tragica utopia” rossa
Giovanni Paolo II non fu solo un pastore spirituale, ma un condottiero nella lotta contro i regimi comunisti, che definì una “tragica utopia” incompatibile con la dignità umana. Nato in una Polonia schiacciata prima dal nazismo e poi dal comunismo sovietico, Karol Wojtyła portò con sé l’esperienza di un popolo oppresso e la determinazione di liberarlo. Eletto Papa nel 1978, primo non italiano dopo 455 anni, il suo pontificato divenne un’arma potente contro la Cortina di Ferro. Il suo primo viaggio in Polonia, nel giugno 1979, fu una scintilla rivoluzionaria: milioni di polacchi si riversarono nelle piazze, sfidando il regime di Wojciech Jaruzelski. A Varsavia, in Piazza della Vittoria, pronunciò parole che scossero il mondo comunista: “Scenda il tuo Spirito e rinnovi la faccia della terra, questa terra!”. Un anno dopo, nell’agosto 1980, nasceva Solidarność, il sindacato guidato da Lech Wałęsa, che sotto l’ala protettrice della Chiesa e del Papa polacco divenne il primo tassello della caduta del blocco sovietico.
Wojtyła non si limitò a ispirare: agì. Sostenne tacitamente Solidarność durante la repressione della legge marziale del 1981, quando Jaruzelski tentò di soffocare il movimento con la forza. La sua voce, amplificata da Radio Vaticana, raggiunse i cattolici oltre la Cortina di Ferro, portando speranza e resistenza pacifica. “La libertà non è negoziabile”, ripeteva, opponendosi alla Ostpolitik vaticana degli anni precedenti, che cercava compromessi con i regimi dell’Est. La sua fermezza trovò eco nel 1989, quando le elezioni semilibere in Polonia segnarono la fine del dominio comunista, aprendo la strada alla caduta del Muro di Berlino. Come disse Mikhail Gorbaciov: “Nulla di ciò che è accaduto in Europa orientale sarebbe stato possibile senza Giovanni Paolo II”.
Un’eredità di lotta e libertà
Il pontificato di Wojtyła fu un inno alla libertà contro ogni totalitarismo. Con 104 viaggi apostolici in 129 Paesi, portò il Vangelo nei luoghi più remoti, ma il suo cuore restò sempre legato alla Polonia e alla battaglia contro il comunismo. I suoi appelli per la pace, spesso inascoltati dai potenti, e le sue iniziative diplomatiche – come il dialogo con Ronald Reagan e Helmut Kohl – contribuirono a un crollo pacifico che evitò bagni di sangue. “Le sue parole riecheggiano ancora oggi, anche in questo nuovo Giubileo”, ha ricordato Parolin, legandolo al magistero di Papa Francesco.
La giornata commemorativa è iniziata con un messaggio della premier Meloni: “San Giovanni Paolo II ha plasmato il Novecento e cambiato la storia. La sua forza spirituale e il suo amore per la libertà restano vivi”. In Basilica, Meloni e Mantovano hanno salutato i cardinali Ruini e Comastri, mentre il cardinale Stanisław Dziwisz, ex segretario di Wojtyła, ha acceso un cero sulla sua tomba, accompagnato da omaggi delle autorità polacche. Un gesto simbolico, che ha unito Roma e Cracovia nel ricordo di un Papa che non si piegò mai.
Un faro per i patrioti di oggi
Giovanni Paolo II è un esempio di resistenza contro l’oppressione, un difensore della sovranità dei popoli e della loro identità cristiana. La sua lotta anticomunista non fu solo politica, ma culturale e spirituale, radicata nella convinzione che la vera libertà nasce dalla verità di Cristo. In un’epoca di nuove ideologie e globalismi, il suo “Non abbiate paura!” risuona come un richiamo per chi crede nei valori della patria e della fede.
Vent’anni dopo, Wojtyła resta un faro. Da Cracovia, dove il cardinale Krajewski ha ricordato “il mondo che si fermò” quella notte del 2005, a Roma, dove Dziwisz ha stretto la mano a Meloni, il suo spirito vive. Un Papa guerriero, che con la croce ha spezzato le catene del comunismo e restituito la dignità a un continente.