Nella notte tra il 24 ed il 25 Novembre, Kiev, capitale ucraina, ha subito l’ennesimo attacco aereo da parte dell’esercito russo: stavolta pero, l’incursione è stata piuttosto ampia, seminando paura e disagi nella città.
L’offensiva è avvenuta mediante l’utilizzo di 75 droni Shahed – di fabbricazione iraniana- da parte della Russia, circa 71 di questi velivoli sono stati abbattuti dalla contraerea, secondo quanto riportato dal Premier ucraino Zelensky.
Il respingimento dell’attacco, non ha tuttavia evitato le ripercussioni sui civili e sulle strutture della metropoli ucraina: nel quartiere di Dniprovskyi, le schegge di un drone hanno colpito un condominio, così come a Solomianskyi, dove i soccorsi sono all’opera, per estrarre due donne dai ruderi.
Questo è stato considerato come l’attacco più potente in 21 mesi dall’inizio del conflitto, ben 77 fabbricati abitativi ed altri 125 stabili nel centro di Kiev, hanno perso la corrente elettrica.
Il rischio di un’escalation è sempre in agguato: eventi come questi ci insegnano a non sottovalutare mai le apparenti fasi di stallo all’interno di un conflitto, in quanto gli ingegni umani sono piuttosto imprevedibili.
L’Ucraina sta combattendo ormai da quasi due anni contro l’invasione russa, supportata dalle forze occidentali, ma tutt’altro che immune alle difficoltà comportate dal conflitto.
La presenza dei paesi BRICS all’interno della guerra si fa sentire, ne è la dimostrazione l’impiego dei droni iraniani nell’attacco di questa notte, ma anche la Corea del Nord si è distinta per la distribuzione di armamenti per l’esercito russo, fornendo proiettili e missili Grad.
La guerra in Ucraina dura ormai da 21 mesi ed una soluzione diplomatica sembra ancora lontana: per conseguire una cessazione del conflitto ed una pace permanente, è necessario che tutti gli apparati dell’Unione Europea si impegnino per stilare nuove risoluzioni efficaci in ambito diplomatico.
I paesi occidentali restano in attesa di eventuali risvolti, pronti a soccorrere il popolo ucraino.