L’11 e il 12 maggio si tiene a Roma la terza edizione degli Stati Generali della Natalità, un evento che assume oggi più che mai un significato particolare e rappresenta un momento di riflessione su tutti i temi connessi alla questione demografica. Con questa due giorni si intende porre l’attenzione sulla necessità impellente di mettere in campo delle iniziative che siano in grado di affrontare il problema in modo serio e concreto.
I dati restituiscono un’immagine demoralizzante dell’Italia, un Paese “vecchio” nel quale l’ultimo aumento delle nascite è stato registrato nel 2008. Nel 2022 si è arrivati invece ad un nuovo record negativo, con il numero dei nuovi nati sotto la soglia delle 400.000 unità (393.000 le nascite totali).
Le cause alla base dell’attuale situazione demografica sono numerose e variegate. Molte coppie rinunciano spontaneamente ad avere dei figli e o rimandano la decisione di diventare genitori innanzitutto per problematiche legate alla sfera economica e lavorativa.
Secondo il rapporto “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2023” di Save the Children “nonostante il sentimento di gioia per la maternità sia prevalente nella grandissima maggioranza delle madri, il 43% dichiara di non desiderare altri figli”. Tra i motivi ci sono la fatica, le difficoltà nel conciliare lavoro/famiglia, la mancanza di supporto e la scarsità dei servizi. Inoltre, secondo un altro sondaggio realizzato da Community Research and Analysis per Plasmon, più di un italiano su due (57,4%) ha almeno un figlio e un terzo di questi desidererebbe altri bambini (34,3%). Fra chi invece non ha ancora figli (42,6%) quasi la metà, e cioè il 40,4%, vorrebbe averne uno, ma anche qui sono soprattutto i costi legati alle nuove nascite e la difficoltà di conciliare la famiglia e il lavoro a impedire di soddisfare il desiderio di genitorialità.
In aggiunta a tutto ciò, il tasso di mortalità rimane elevato, ovvero il 12%, il che porta il saldo naturale a -320mila unità. Per rendere meglio l’idea di come questo trend negativo stia incidendo profondamente sulla nostra società basta pensare che è come se avessimo perso una intera città, per dimensioni pari a quella di Bari.
Un dato che non lascia indifferenti: secondo un sondaggio realizzato per Libero dal sociologo Arnaldo Ferrari Nasi per l’83% degli italiani il calo demografico è fonte di preoccupazione.
La crisi di natalità merita di essere analizzata al più presto per fornire delle risposte efficaci che possano far letteralmente rinascere il nostro Paese. Anche perché oltre ad una diminuzione del benessere dell’individuo e delle famiglie, il deficit demografico presenta ripercussioni anche sul sistema pensionistico. Recentemente il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, in un intervento su Milano Finanza, ha ricordato per l’appunto come le culle vuote minaccino il nostro sistema pensionistico: oggi il rapporto tra lavoratori (23,2 milioni) e pensionati (16,5 milioni, in crescita) è di 1,4. Se il trend demografico non si inverte è destinato a scendere a 1,3 tra dieci anni e ad abbassarsi ad 1 nel 2050. Per avere un sistema solido questo rapporto dovrebbe assestarsi almeno su quota 1,5. Per raggiungere questo obiettivo bisognerebbe riportare le nascite a quota 600mila l’anno. Con 600mila nuovi nati, infatti, si potrebbe sostituire adeguatamente il numero dei pensionati, anche se i dati del 2022 sono ancora lontani da questo obiettivo, che tuttavia viene considerato raggiungibile con una serie di interventi a sostegno delle nascite.
Intervenire a sostegno delle famiglie con figli per ribaltare il trend demografico negativo dovrebbe interessare tutti i partiti perché è una tematica che investe l’intera popolazione italiana, a prescindere dallo schieramento politico.
Fratelli d’Italia ha sempre ritenuto la questione demografica una priorità ed è per questo che l’ha inserita nel suo programma elettorale e ha attuato importanti misure a favore della famiglia e della natalità. L’azione del Governo infatti è stata particolarmente incisiva grazie a diverse azioni previste nella legge di bilancio e nel decreto legge che introduce misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro (dl 48/2023) approvato dal Consiglio dei ministri il 1° maggio 2023.
Tra queste misure si ricordano: la riduzione dell’Iva al 5% sui prodotti per l’infanzia; l’incremento del 50% dell’assegno unico per le famiglie con figli di età inferiore a un anno e per quelle con tre o più figli di età compresa tra uno e tre anni con Isee fino a 40.000 euro (con una maggiorazione del 50% dell’assegno unico per le famiglie con 4 o più figli e la conferma delle maggiorazioni dell’assegno unico per i disabili rese permanenti); la previsione di un mese in più di congedo facoltativo e retribuito all’80%, utilizzabile da uno dei due genitori (in via alternativa) fino ai sei anni di vita del figlio; le agevolazioni fino al 31 dicembre 2023 delle assunzioni a tempo indeterminato con sgravi contributivi fino a 8 mila euro per donne disoccupate, giovani under 36 e per i beneficiari del reddito di cittadinanza; la proroga per il 2023 delle agevolazioni per acquisto prima casa per i giovani under 36; l’aumento a 3mila euro della soglia di fringe benefit esentasse per i lavoratori dipendenti con figli minori; l’istituzione di un fondo di 60 milioni di euro destinato al finanziamento di attività socio-educative a favore dei minori da parte dei Comuni per il potenziamento di centri estivi, servizi socioeducativi territoriali e centri con funzione educativa e ricreativa e il taglio delle tasse sul lavoro con la riduzione del cuneo fiscale-contributivo.
Favorire la natalità e sostenere le famiglie è uno degli obiettivi più ambiziosi da realizzare, e va fatto attraverso un’azione responsabile e a lungo termine. Il record negativo delle nascite ha alla base cause differenti che vanno dall’incertezza economica alla scarsità dei servizi per e famiglie, dalla difficoltà di conciliare lavoro e vita privata alla impossibilità di sostenere gli ingenti costi per un nuovo figlio. Se in Italia si fanno meno figli è perché non ci sono condizioni sociali ed economiche adeguate, per cui soprattutto i giovani sono scoraggiati e demoralizzati nei confronti del futuro e decidono di rinunciare o rimandare il sogno di far crescere la propria famiglia. È fondamentale attribuire la giusta importanza alle cause profonde che sono alla base della crisi di natalità, intervenendo direttamente su di esse. Appare poco lungimirante pensare di poter in qualche modo risolvere la problematica solamente attraverso l’immigrazione, ma è invece necessario agire su più fronti in maniera complementare.
Investire sulla famiglia, sulla natalità e sui figli vuol dire investire sul futuro del paese e sul suo benessere così che l’Italia possa realmente rinascere, sotto ogni punto di vista. Gli Stati Generali della Natalità si inseriscono a pieno titolo in questa progettualità e intendono portare la questione demografica al centro del dibattito politico. L’obiettivo dell’evento è quello di creare i presupposti per raggiungere quota 500mila nuovi nati nel 2030 e passare dall’attuale 1,24 figli per donna all’1,6 nel 2033. Un traguardo raggiungibile secondo gli esperti e necessario a sostenere il nostro sistema di welfare. Tra le proposte avanzate dagli organizzatori dell’evento ci sono il potenziamento ulteriore dell’assegno unico, rendendolo indipendente dal reddito, l’impiego delle risorse del Pnrr in funzione della natalità e una riforma del fisco che tenga conto della composizione della famiglia e del numero dei figli.
Le conclusioni che emergeranno al termine dell’evento saranno di certo ascoltate e prese in considerazione dal Governo, che sta dimostrando un’apertura al dialogo e al confronto forse mai viste prima. La tematica della natalità è di vitale importanza per scongiurare il rischio di veder morire l’Italia e il suo popolo ed è per questo che il Governo Meloni ha già adottato misure rilevanti in questo senso e continuerà a lavorare per garantire all’Italia un nuovo e giovane futuro.