Stato di diritto, Meloni scrive a von der Leyen: “Attacchi maldestri, dibattito inquinato da fake news”

Giorgia Meloni scrive a Ursula von der Leyen. Il motivo è stemperare gli animi dopo che la pubblicazione dell’annuale Rapporto della Commissione europea sullo Stato di diritto nei vari Stati membri, aveva acceso un calderone qui in Italia, un dibattito politico lungo e pretestuoso intorno a delle criticità che vengono segnalate ogni anno dall’Europa ma che soltanto quest’anno, secondo le opposizioni, sono diventate colpa dell’esecutivo. “Anche quest’anno – ha scritto il Presidente del Consiglio – le raccomandazioni finali nei confronti dell’Italia non si discostano particolarmente da quelle degli anni precedenti, tuttavia per la prima volta il contenuto di questo documento è stato distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il Governo italiano. Qualcuno – ha aggiunto – si è spinto perfino a sostenere che in Italia sarebbe a rischio lo stato di diritto, in particolare con riferimento alla libertà di informazione e al servizio pubblico radiotelevisivo”. Insomma, quest’anno la Relazione è stata il pretesto adatto per le opposizioni di dare linfa a quel tentativo, che perdura oramai da mesi, di descrivere il governo come un pericolo per la democrazia. Specialmente dal momento in cui la Commissione ha scelto di stilare il proprio Rapporto prendendo spunto da fonti (e citandole) apertamente di parte e contro l’esecutivo.

Sull’indipendenza della Rai

Secondo Meloni, le critiche riguardano tre questioni: “il fatto che il sistema di governance della RAI non garantirebbe la piena indipendenza del servizio pubblico, che sarebbe soggetto ad un’eccessiva ingerenza politica”; “il fatto che il cambiamento della linea editoriale della radiotelevisione pubblica avrebbe determinato le dimissioni di vari giornalisti e conduttori”; “l’asserito mancato rispetto della par condicio durante le ultime elezioni del Parlamento europeo”. Con perizia, la premier ha inteso rispondere le critiche una a una. Partendo dalla prima, asserendo che  l’attuale conformazione della Rai deriva da un riforma voluta da Matteo Renzi nel 2015 alla quale Fratelli d’Italia votò contro (“Se dunque esiste un problema di ingerenza politica dovuta alla normativa esistente – ha chiarito -, questo non può certo essere imputato a chi quella norma l’ha subita“). Ricordando che Fratelli d’Italia, all’epoca del Governo Draghi, rimase escluso, da unico partito di opposizione, dal CDA della Rai “creando, questa volta sì, una anomalia senza precedenti in Italia e in violazione di ogni principio di pluralismo del servizio pubblico“. Sottolineando che, “salvo la nomina obbligata di un nuovo Amministratore Delegato nel 2023 a seguito delle dimissioni del suo predecessore, l’attuale Governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene non si sono ancora avvalsi della normativa vigente per il rinnovo dei vertici aziendali. Gli attuali componenti del CdA della RAI, come ricordato, sono stati nominati nella scorsa legislatura da una  maggioranza di cui Fratelli d’Italia non era parte, non si comprende dunque come si possa imputare a questo Governo una presunta ingerenza politica nella governance della RAI”.

Contro ogni lottizzazione politica

Riguardo invece le dimissioni dei giornalisti in Rai, “è di tutta evidenza, anche in ragione di quanto espresso in precedenza, che si tratti di una dinamica che in ogni caso non può essere imputata all’attuale Governo. Nel merito – ha spiegato la premier – diversi esperti del campo affermano che i rapporti di lavoro si sono interrotti per normali dinamiche di mercato; alcuni di questi conduttori hanno lasciato la Rai prima dell’arrivo del nuovo AD ed altri hanno deciso di percorrere nuove esperienze professionali o editoriali, pur avendo l’azienda confermato i loro spazi di presenza nei palinsesti”. E ancora, sulla par condicio Meloni ha voluto chiarire alcuni aspetti: “A ridosso delle elezioni europee del 2024, la Commissione parlamentare Vigilanza Rai, nell’esercizio delle sue prerogative, ha adottato una delibera – dichiarata peraltro dall’Agcom conforme alla disciplina vigente in materia – che prevedeva l’esclusione dalle regole della par condicio dei rappresentanti delle istituzioni che affrontavano questioni inerenti alle loro funzioni istituzionali. Non si tratta di una novità. Infatti, sempre, durante ogni passata competizione elettorale, tutti i governi in carica hanno potuto legittimamente continuare ad informare i cittadini sulla loro attività, senza che l’informazione istituzionale rientrasse nel conteggio dei tempi della par condicio, così come previsto dalla legge vigente. Viene da chiedersi perché questo principio, che si è sempre reputato valido in passato, non debba valere per l’attuale Governo“. Secondo Giorgia Meloni, dunque, si tratta di attacchi “attacchi maldestri e pretestuosi che possono avere presa solo nel desolante contesto di ricorrente utilizzo di fake news che sempre più inquina il dibattito in Europa. Dispiace – ha aggiunto poi – che neppure la Relazione della Commissione sullo stato di diritto e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione. Da parte del Governo italiano confermo ogni sforzo per assicurare in Italia e in Europa il pieno rispetto dei valori fondanti alla base dell’Unione Europea e l’assiduo impegno a far progredire l’Italia nell’ambito della libera informazione, del contrasto alle fake news e del pluralismo del servizio pubblico radio televisivo dopo decenni – ha concluso la premier – di sfacciata lottizzazione politica“.

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