Stellantis: derive green e strategie sbagliate, ma la sinistra radical-chic incolpa il governo

La crisi di Stellantis impazza da tempo. A ottobre Carlos Tavares era stato audito in Parlamento e aveva chiesto, sostanzialmente, altri fondi statali per l’azienda di cui era ad: “I sussidi non sono per noi ma per i cittadini che così possono permettersi di comprare le nostre vetture” aveva detto davanti alla X Commissione Attività produttive della Camera e alla IX Commissione Industria del Senato, riunite nella Sala del Mappamondo di Montecitorio. In tutto il mondo, il gruppo ha sofferto un calo di produzione senza precedenti, che ha causato una riduzione del personale: circa 12mila impiegati in meno dal 2021, anno di fondazione di Stellantis. Negli ultimi giorni Trasnova, che collabora con il gruppo, ha perso quasi 100 dipendenti. Più della metà lavoravano nella sede di Pomigliano d’Arco. La Fiom ha fatto sapere che “anche alla Logitech, azienda operante nel perimetro Stellantis nei siti di Piedimonte San Germano (Cassino), Pomigliano d’Arco e Melfi, è stata avviata la procedura di licenziamento collettivo per 101 unità su 115 dipendenti”.

La sinistra inventa nuove colpe

Le notizie, dunque, non sono rosee e sulla questione si sono schierate dalla stessa parte (o quasi) maggioranza e opposizioni. Tutti hanno saputo dire la propria schierandosi dalla parte dei lavoratori, che pagano il prezzo maggiore delle scelte sbagliate della dirigenza dell’azienda e dei vertici europei, che hanno imposto una transizione verde a cui il comparto non era ancora pronto. Anche la Volkswagen, del resto, si trova in condizioni simili. Ma nella narrazione della sinistra, che pure si è mossa in ritardo davanti ai licenziamenti di Trasnova, ha voluto aggiungere una critica, immancabile, al governo, reo secondo i progressisti di aver tagliato i fondi all’automotive: “Chiediamo che il governo si assuma le sue responsabilità togliendo quell’inutile e dannoso taglio ai 4,6 miliardi di fondi per l’auto. Chiedo al governo italiano di battersi insieme a noi per un fondo europeo sull’automotive che ne ha bisogno, altrimenti rischiamo di avere lo smantellamento di una filiera strategica in Italia e in tutta Europa”: questo, ad esempio, l’appello della segretaria dem, Elly Schlein, che dopo giorni di immancabile silenzio è risvegliata dal suo letargo schierandosi al fianco degli operai che il nuovo Pd radical-chic aveva dimenticato. Anche Giuseppe Conte, leader del Movimento Cinque Stelle, ha fatto la voce grossa contro il governo: “Il Governo sbaglia tantissimo a togliere 4,6 miliardi all’automotive per investire nelle armi. Anche a Bruxelles pensiamo ad un fondo da 500 miliardi vediamo chi veramente guarda con lungimiranza a proteggere e rilanciare il sistema italiano ed europeo”.

La priorità: difendere i livelli di occupazione

Tutto però sembra suggerire che la virata verso una narrativa anti-governativa non sia altro che un modo per non inimicarsi più di tanto il proprietario dei maggiori giornali dell’area progressista, che casualità fa essere proprio il patron di Stellantis. Tra l’altro con delle tesi che non stanno in piedi: “Come ha già ribadito Giorgia Meloni, il sostegno dello Stato deve andare a chi garantisce livelli occupazionali e produce in Italia. Con Fratelli d’Italia e il Governo Meloni non ci saranno più miliardi regalati a chi licenzia e delocalizza. Gli interessi italiani tornano protagonisti”: lo ha dichiarato nei giorni Augusta Montaruli, vice-capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera. La stessa Giorgia Meloni, all’indomani delle dimissioni di Tavares, ha rassicurato: “La trattativa con il governo è sempre neutrale, vale per tutte le aziende. Noi però vogliamo fare del nostro meglio per difendere i livelli occupazionali e, nel caso dell’automotive, l’indotto, che è fondamentale”.

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