Il modello Caivano sarà esportato in tutta Italia. È stato detto molte volte, anche dallo stesso presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la prima a rispondere all’appello di don Maurizio Patriciello dopo il tragico episodio, ripetuto più volte nel corso degli anni, delle due cuginette di dieci anni stuprate da un gruppo di minorenni e maggiorenni in quelli che una volta erano i resti dell’ex piscina Dolphinia, lì dove oggi sorge invece il centro polisportivo dedicato a Pino Daniele. A Caivano è tornata la legalità, è tornato lo Stato, che ha scelto di smettere di voltarsi dall’altra parte. Lo spaccio è stato annientato nel Parco Verde, i camorristi sono stati cacciati, le case da loro occupate ora sono libere. “Lo vedo e non lo credo” disse Patriciello, dopo l’ennesima visita della premier nella cittadina a nord di Napoli. Il modello Caivano dunque funziona e va allargato per i tanti altri territori che soffrono l’ingerenza delle mafie e la caduta di ogni forma di legalità.
Mantovano: “Modello Caivano sarà esteso in tutta Italia”
E ora questo processo sembra proprio diventare realtà: a Caivano “non è stato uno spot di facciata” ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, annunciando che il governo è pronto a fare sul serio per riportare la legalità lì dove non c’è più: “Lunedì – ha detto – ci sarà il Consiglio dei ministri ed è in programma di portare una bozza di decreto legge con la quale la struttura del Commissario straordinario per Cavano si trasformerà in Commissario per le aree degradate e bisognose di interventi. In questo modo il modulo operativo utilizzato per Cavano sarà esteso ad altre aree del Paese”. Un annuncio non da poco, insomma. Secondo quanto dichiarato da Mantovano, “la nuova struttura commissariale verrà dotata di risorse per gli interventi, e userà i fondi di Coesione, di cui l’80 per cento è destinato al Mezzogiorno. Ma ci saranno fondi anche per interventi in aree degradate del Centro e del Nord Italia. E per ogni area destinataria degli interventi ci sarà un sub-commissario”. In pratica, le tante Caivano d’Italia potranno avere il loro riscatto. Si pensi alle periferie milanesi, negli ultimi giorni al centro della cronaca per via dell’incidente di Ramy, l’egiziano scappato in scooter a un posto di blocco dei Carabinieri e schiantatosi in un semaforo perdendo la vita; morte a cui hanno fatto seguito le proteste dei migranti, anche di seconda generazione, residenti al Corvetto che hanno palesato quanto il problema della microcriminalità sia vivissimo in quelle zone. Si pensi ancora ai quartieri della Capitale come Tor Bella Monaca o al quartiere Zen di Palermo. Feudi dove la criminalità regna incontrastata e che necessitano di una svolta.
Tassello dopo tassello
Quello di Caivano, dunque, “è un esperimento che giudichiamo così positivamente – ha detto Mantovano – da poterlo trasferire in altre aree degradate. Faremo tesoro di quest’esperienza non per trasferirla uguale, perché ogni territorio ha le sue specificità, ma per replicare il modello operativo che consiste – ha spiegato il sottosegretario – nell’individuare quali sono le principali debolezze di quell’area e di intervenire in senso esattamente contrario, ridando speranza e forza a quei territori”. Tutto va fatto tassello dopo tassello. A Caivano piccoli segnali di speranza provengono soprattutto dalla continuità, dalla costanza con cui il governo ha deciso di intervenire. Dopo anni e anni di inattività, dunque, lo Stato torna presente. A Caivano così come in tutta Italia. Più volte l’ha ribadito la premier: non sono ammesse zone franche in cui la mafia ha la meglio. Da lunedì, zero scuse.