Che questa fosse una maggioranza di potenziali cesaricidi, destinata a paralizzare l’Italia, era scritto nel cielo e sia prima che dopo lo spartiacque dell’elezione del Presidente della Repubblica, i partiti a sostegno del governo dei migliori ne avevano già dato ampiamente prova.
Ma pochi giorni fa, col favore delle tenebre il governo va sotto in commissione bilancio ben 4 volte. Draghi rientra da Bruxelles di gran carriera, striglia i bravissimi ministri del bellissimo governo, sventola lo spauracchio delle dimissioni e rimette in riga l’esecutivo. In tutto questo bailamme Letta tuona stentoreo che la colpa è di Salvini e che in questa situazione in altri tempi si sarebbe aperta una crisi di governo, addossando così ogni responsabilità alla Lega ed alle sue necessità di dare in pasto ai propri elettori le ultime briciole di consentaneità politica, ormai quasi del tutto smarrita nel sostegno agli ircocervi di palazzo.
Operazione scaricabarile riuscita pienamente, coi giornaloni che fanno da megafono a questa narrazione e non toccano in minima parte una delle debacle più importanti della notte della commissione incriminata: la soppressione dell’emendamento al milleproroghe sui fondi per la decarbonizzazione dell’ex ILVA. Tutta opera del PD.
Ebbene sì su uno dei dossier più scottanti di questo governo è il PD a tradire i desiderata di Draghi, che tanto si era raccomandato, prima di volare in Europa, di non toccare il testo concordato. A dicembre, infatti, il governo inserisce al milleproroghe l’art 21, col quale destina 575 milioni di Euro alla decarbonizzazione ed all’elettrificazione dell’acciaieria di Taranto. I fondi erano frutto parziale di un sequestro della magistratura sui beni della famiglia Riva, ex proprietaria dell’impianto ed erano stati vincolati alla bonifica delle aree circostanti, dunque attribuiti alla gestione commissariale. Col decreto in questione, valutata l’esistenza di margini, una parte del sequestro veniva dunque svincolato dalla bonifica e investito sulla decarbonizzazione, con l’effetto di passare dalla gestione dei commissari a quella dell’attuale proprietà, Acciaierie Italiane (di Invitalia e dell’indiana ArcelorMittal). Questo è stato definito dal presidente della Regione Emiliano uno scippo nei confronti della Puglia, a Taranto peraltro si va al voto a giugno e occorre fare strategia, prima del fattaccio dunque Letta incontra il sindaco attualmente commissariato. Bisogna andare in copertura e così il PD arma Francesco Boccia (sponsor addirittura della chiusura dello stabilimento) che briga per affossare l’articolo 21. E così è stato, decarbonizzazione silurata con la complicità dei 5 stelle.
È questa la lettura dei fatti e anche a non voler considerare alcun retroscena, non si può non mettere in evidenza che la responsabilità della capitolazione è stata tutta del partito democratico, che ha inferto una coltellata tra le scapole di Draghi, attentando seriamente alla tenuta della maggioranza, salvo farne ricadere la responsabilità sulla Lega.
Ebbene sì, anche Letta è parte della congiura, è anche lui tra i cesaricidi, ma incappucciato e senza onore.