È stato uno dei Ferragosto più caldi degli ultimi tempi.
E non ci riferiamo al meteo.
Perché mentre la maggior parte delle persone si godeva la pausa estiva, a livello internazionale andava in scena uno dei weekend più intensi e potenzialmente decisivi nella lunga e dolorosa vicenda del conflitto tra Russia e Ucraina.
Con una serie di incontri di altissimo livello, che continueranno anche oggi a Washington, e che ha riacceso la speranza sulla pace tra la Russia e l’Ucraina.
Proprio lo scorso 15 agosto, infatti, in Alaska, si è tenuto l’atteso bilaterale tra Vladimir Putin e Donald Trump. Nessuna firma, nessun annuncio clamoroso — e nessuno si aspettava il contrario — ma segnali concreti di apertura.
L’incontro pare aver posto delle più solide basi verso la de-escalation di una guerra che sembrava destinata a cristallizzarsi come un nuovo, permanente, focolaio globale.
Ma oggi le cose stanno cambiando e una nuova fase del conflitto sembra finalmente prendere forma.
Stiamo ora assistendo ad un’accelerazione dovuta anche e soprattutto alla postura della leadership repubblicana americana. Ma non solo.
Perché in questo nuovo assetto, anche i leader europei, che per troppo tempo hanno vissuto a margine, stanno tornando protagonisti. E quindi la stessa Italia, che del resto sarà presente oggi all’incontro presso la Casa Bianca. Con Giorgia Meloni che rappresenterà il nostro Paese, inserendosi in maniera centrale nel dibattito internazionale.
Il nodo cruciale sul tavolo è chiaro: le garanzie di sicurezza. Un tema delicato, che riguarda sia la sovranità dell’Ucraina sia la stabilità futura dell’Europa. E proprio su questo aspetto il nostro Paese può rivendicare una posizione coerente, lungimirante e determinante.
Sin dai primi mesi del conflitto, infatti, il Governo Meloni ha insistito sulla necessità di definire un quadro di sicurezza solido e credibile come precondizione per qualsiasi trattativa di pace. Una linea che oggi, più che mai, si dimostra corretta e condivisa dai principali attori internazionali.
La presenza del premier italiano alla Casa Bianca quindi non è solo un fatto simbolico, ma è il segnale che l’Italia viene riconosciuta come interlocutore serio, credibile, e capace di contribuire alla costruzione di ponti là dove fino a poco tempo fa c’erano solo muri.
In un’epoca in cui l’equilibrio globale è fragile, la capacità di portare al tavolo del dialogo attori storicamente contrapposti rappresenta un valore inestimabile. E se oggi si discute concretamente di pace e non più solo di escalation, sanzioni e armi, lo si deve a chi, come l’Italia, ha saputo coniugare fermezza e realismo, valori e strategia.
Difendere la libertà dei popoli, sostenere la democrazia, rafforzare la sicurezza dell’Europa non sono slogan. Ma sono la base di azioni politiche concrete. E la nostra Nazione, checché ne dicano i detrattori, sta facendo la sua parte. Anzi, qualcosa di più: sta scrivendo fattivamente una nuova pagina della storia.
Il processo di pace senza dubbio è ancora lungo, incerto, pieno di ostacoli. Ma ciò che fino a ieri sembrava impensabile oggi è quantomeno possibile. E in questa possibilità l’Italia ha saputo ritagliarsi un ruolo da protagonista, contribuendo concretamente alla ricerca di una soluzione di una delle più gravi crisi internazionali degli ultimi decenni.
Ed è per questo che, in ogni caso, l’Italia in questa partita c’è e continuerà ad esserci. Da protagonista. E, ne siamo convinti, anche da vincitrice.