Tanto tuonò che piovve: il DEF arriva in Parlamento

Tanto tuonò che piovve. Dopo giorni di parole e incertezze ecco arrivare la Nota al documento di economia e finanza 2018 tanto atteso da tutti. Più o meno 138 pagine per specificare i numeri e le ripartizioni previste. E, nelle prime 4 righe, anche un’introduzione per far comprendere come la maggioranza punti con questa manovra per rendere stabile nel tempo l’esecutivo e concedere all’economia italiana una ripartenza.

Ecco come il governo esordisce nel documento:

La Nota di Aggiornamento del DEF di quest’anno riveste particolare importanza in quanto si tratta del primo documento di programmazione economica del nuovo Governo ed essa viene presentata in una fase di cambiamento nelle relazioni economiche e politiche a livello internazionale, accompagnato da segnali di rallentamento della crescita economica e del commercio mondiale.

E si continua così, spiegando per alcune pagine gli intendimenti che ci sono dietro alle decisioni prese, le speranze, e magari pure la convinzione di aver fatto cose buone, anche se alcuni dei percorsi presentati non sembrano in grado né di supportare né di rilanciare l’economia. Certo, si fa notare quanto i tassi di crescita stimati per i prossimi anni siano insopportabilmente bassi (la stima di crescita del PIL per quest’anno scende dall’1,5 all’1,2 per cento, e la previsione tendenziale per il 2019 viene ridotta dall’1,4 allo 0,9 per cento. Nei due anni seguenti, la crescita riprenderebbe lievemente, salendo all’1,1 per cento), ma non è chiaro quanto l’impronta decisamente assistenzialista che c’è nella manovra possa migliorare certe previsioni scoraggianti, e anche come il comportamento giornaliero dei due vicepremier, che appaiono più impegnati a competere tra loro in visibilità e approvazione popolare che a ragionare sui numeri e gli impegni di spesa, possa dare grande fiducia ai mercati.

Entriamo nel dettaglio. Il Def prevede interventi a beneficio delle popolazioni di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo interessati dai terremoti 2016/2017. Nello specifico, proroghe e sospensioni di adempimenti fiscali e contributivi, con la possibilità di rateizzare le somme dovute e la sospensione del pagamento del canone RAI fino al 2020, da restituire dal 1 gennaio 2021. E’ stato anche previsto il differimento dei pagamenti dei mutui in scadenza 2018/19 concesse dalla Cassa Depositi e Prestiti ai Comuni colpiti dai sisma. Nel mercato del lavoro, con riferimento al settore privato, è stata disposta la riduzione della durata complessiva del contratto a tempo determinato da 36 mesi a 24 mesi ed è stato esteso l’esonero dal versamento del 50 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL) che, negli anni 2019 e 2020, assumono con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti lavoratori che non abbiano compiuto il trentacinquesimo anno di età.

Viene introdotto il Reddito di Cittadinanza che – dice il def – ha un duplice scopo: 1) sostenere il reddito di chi si trova al di sotto della soglia di povertà relativa stabilita da Banca d’Italia (pari a 780 euro mensili); 2) fornire un incentivo a rientrare nel mercato del lavoro, attraverso la previsione di un percorso formativo vincolante, e dell’obbligo di accettare almeno una delle prime tre proposte di lavoro eque e non lontane dal luogo di residenza del lavoratore. Rientra in questo quadro la “pensione di cittadinanza” che andrà a chi ha un reddito sotto ai 780 euro mensili, e verrà modulata tenendo conto della situazione complessiva dei nuclei familiari, anche con riferimento alla presenza di persone con disabilità o non autosufficienti. Per questi provvedimenti il governo ha stanziato 10 miliardi di euro. In questa somma è stato anche compreso un miliardo di euro per la ristrutturazione e il potenziamento dei centri per l’impiego, un importo che sembra limitato per portare davvero a cambiamenti sostanziali in uffici che fino ad ora hanno mostrato solo limiti.

7 miliardi, invece, andranno per “quota 100” (62 anni età anagrafica più 38 anni di contributi), e questo dovrebbe consentire ad almeno 300mila persone in più di andare in pensione, per permettere anche di liberare più posti di lavoro per i giovani. Restano inalterati i requisiti per la pensione di vecchiaia (66 anni e 7 mesi più 20 anni di contributi). Da notare che “quota 100” salirà a 101 nel caso si abbiano 63 anni perché, in ogni caso, saranno sempre necessari 38 anni di contributi, e così via anche a seguire.

Il governo ha inoltre destinato 2 mld di euro per la “flax tax alla giallo-verde”, che dal 2019 coinvolgerà partite IVA e piccole o medie imprese. Il regime forfettario che già prevede l’aliquota al 15% viene esteso fino a 65 mila euro di fatturato, mentre verrà applicata un’aliquota del 20% per la parte di fatturato tra 65 e 100 mila euro, e già solo questo basta a dimostrare che non si tratta di una vera flax tax, che non dovrebbe poter avere una doppia aliquota . E’ previsto anche uno sgravio Ires su utili reinvestiti dalle società di capitale per nuove assunzioni o ammodernamento degli impianti produttivi. E’ stata anche abrogata l’Iri, imposta sul reddito degli imprenditori che doveva scattare dal 2019.

Sono inoltre stati stanziati un miliardo di euro per l’assunzione di 10.000 nuovi addetti alle forze dell’ordine, e 1,5 miliardi per rimborsare i truffati dalle banche.

La manovra non pare aver convinto Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, che mercoledì ha chiesto e ottenuto un incontro privato con Sergio Mattarella. Secondo alcune voci, Draghi ha palesato al Presidente della Repubblica la convinzione che il governo italiano sta fortemente sottovalutando il contesto in cui sta approntando la manovra in deficit. Sembra che per Draghi la scommessa dell’ala più radicale della maggioranza sbaglia bersaglio: più che l’atteggiamento delle istituzioni Ue, l’Italia dovrebbe temere il declassamento da parte delle agenzie di rating che potrebbe arrivare a fine ottobre e provocare danni incalcolabili, moltiplicando la sfiducia sui mercati”. Draghi ha fatto anche presente che con la fine del Quantitative easing non sono più nelle sue mani strumenti che avrebbero potuto essere utili. Nel caso di declassamento, infatti, l’Italia potrebbe ricorrere solo all’ “Omt”, strumento di sostegno finanziario che porterebbe di fatto l’Italia a un commissariamento da parte della UE.

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RK Montanari
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