Oggigiorno siamo portati a ritenere che fatti gravi come gli attentati e i tentativi di omicidio ai danni di personalità della politica, capitino ormai solo più in quelle aree del pianeta rimaste piuttosto turbolente attraverso diversi decenni, e si pensa a taluni Paesi latinoamericani, all’Africa e al Medio Oriente, ma la realtà è ben differente. Pensiamo solo all’omicidio dell’ex premier giapponese Shinzo Abe, avvenuto l’8 luglio dell’anno scorso nella civilissima Nazione del Sol Levante.
E il nostro Vecchio Continente non è purtroppo immune tuttora da simili episodi sanguinosi. Certo, l’Italia ha chiuso con il terrorismo politico, rosso e nero, alla fine degli anni Ottanta e dopo i Novanta non si sono più ripetute le stragi di mafia; la Spagna si è liberata dei terroristi baschi dell’ETA; infine, il conflitto nordirlandese si è fermato dopo il così denominato Accordo del Venerdì Santo del 1998.
Tuttavia, oltre al terrorismo islamico di Al-Qaeda che colpì Madrid e Londra rispettivamente nel 2004 e nel 2005, e ai successivi attacchi dell’Isis, nei quali perirono civili e non esponenti politici europei, bisogna ricordare l’assassinio nei Paesi Bassi del leader politico Pim Fortuyn, accaduto nel 2002. Pochissimi giorni fa, nel pieno centro di Madrid, un sicario poi fuggito con una motocicletta ha sparato al volto, a due metri di distanza, di Alejo Vidal-Quadras, ex Presidente del Partito Popolare della Catalogna e successivamente cofondatore di Vox, partito conservatore spagnolo in grande crescita che, fra l’altro, intrattiene numerosi rapporti con Fratelli d’Italia. Si è trattato senza dubbio di un agguato mirato e l’intento era quello di uccidere, ma, grazie a Dio, il 78enne uomo politico, che è stato anche Vicepresidente del Parlamento europeo, pur essendo stato ferito in maniera seria, non è in pericolo di vita.
E’ subito spuntata la pista iraniana, immaginata dalla vittima dell’attentato ancor prima che dagli inquirenti, perché Vidal-Quadras risulta essere parecchio inviso al regime degli ayatollah di Teheran. Alejo Vidal-Quadras ha contatti con l’opposizione iraniana che lotta contro la teocrazia alla guida dell’Iran da molti anni ormai, in special modo con i Mujaheddin del Popolo dell’Iran, e ciò lo rende inevitabilmente un nemico per la dittatura religiosa. Un nemico, sembra proprio così, da seppellire sotto terra. Se il mandante non dovesse essere invece il regime di Teheran, potrebbe trattarsi di un grave episodio di violenza politica interna alla Spagna.
Entrambe le ipotesi inquietano e costringono a fare delle riflessioni. Se ci fosse lo zampino dell’Iran, occorrerebbe preoccuparsi più di quanto già non si faccia circa il riemergere della minaccia terroristica di stampo islamico, che può tornare a colpire ovunque nel mondo. L’allerta già c’è a causa degli attacchi di Hamas sferrati in territorio israeliano il 7 ottobre scorso, e del conflitto in corso nella Striscia di Gaza. Schengen è attualmente sospeso e i Paesi europei hanno ripristinato i controlli alle frontiere. E l’Iran è già di fatto coinvolto nella nuova deflagrazione degli equilibri mediorientali perché il suo appoggio, non solo ideale, ma anche finanziario, fornito sia ad Hamas che agli Hezbollah libanesi è risaputo.
Dal 1979, anno della presa del potere in Iran da parte di Ruhollah Khomeini e dei suoi ayatollah, la dittatura fondamentalista si muove con un obiettivo chiaro: cancellare lo Stato d’Israele, l’entità sionista come la chiamano loro, dalle mappe geografiche, e tutto ciò che torna utile a tale disegno, (i palestinesi come Hamas o atti di terrorismo internazionale), deve essere fomentato. All’ultimo vertice dei Paesi arabi e musulmani, organizzato per discutere della guerra in atto a Gaza, i delegati della Repubblica islamica sono stati perentori: non possono esistere vie di mezzo e tutto il mondo in cui l’Islam è maggioritario deve supportare Hamas ed Hezbollah, all’insegna di un radicale contrasto con Israele e l’Occidente. Perciò, se dietro al tentato omicidio del cofondatore di Vox dovesse esserci davvero l’Iran, ciò significherebbe che Teheran non si limita più a foraggiare le organizzazioni terroristiche in Medio Oriente, bensì, diciamola così, si reca personalmente in Europa e comunque fuori dai propri confini, violando la sovranità altrui, ad eliminare i nemici o quantomeno a tentare di farlo. Alle democrazie converrebbe essere sempre più diffidenti e guardinghe circa la teocrazia degli ayatollah, e mettere in soffitta quelle imprudenti aperture di credito che caratterizzarono la presidenza di Barack Obama.
Invece, se il sicario che ha sparato al volto di Alejo Vidal-Quadras non dovesse rispondere alle barbe integraliste, dovremmo parlare di un atto di violenza politica che costringe, anzitutto noi italiani, a pensare. La Spagna sta vivendo una fase piuttosto tesa perché, dopo il quadro confuso uscito dalle ultime elezioni politiche, il tentativo del premier uscente socialista Pedro Sanchez di formare un nuovo governo con gli indipendentisti catalani, ai quali ha concesso una generosa amnistia che sta infiammando il Paese, e con quelli baschi, ha già subìto il rifiuto di buona parte della popolazione, se non della maggioranza dei cittadini, che si è riversata in piazza sotto le bandiere del Partito Popolare e di Vox. In una situazione simile, se qualcuno aggiunge l’odio personale in politica, poi non bisogna meravigliarsi se qualcun altro, meno visibile in televisione e pure meno assennato, decide in un bel giorno di impugnare una pistola. Poc’anzi abbiamo scritto “anzitutto noi italiani” perché nel Belpaese conosciamo bene l’odio ad personam seminato e coltivato nell’agone politico. Durante gli anni di piombo i terroristi erano più lucidi che folli, ma vi furono tanti cattivi maestri, soprattutto alla estrema sinistra e inseriti nelle Università, nel mondo della cultura e della informazione, che convinsero molti giovani di allora a preferire l’estremismo extraparlamentare e la lotta armata alla militanza politica rispettosa delle leggi.
Silvio Berlusconi è scomparso da poco tempo e, a parte qualche irriducibile, quasi tutti si sono prodigati nell’incensarlo o almeno nel dire che il Cav in fondo, non era poi così male. Ma a destra non abbiamo dimenticato, oltre alle persecuzioni giudiziarie, la trasformazione propagandistica del personaggio, da parte dei suoi detrattori, in una specie di individuo pericoloso per la democrazia e colluso con il peggio della Nazione. Fu addirittura paragonato al Generale argentino Videla e qualcuno si spinse persino a compatire i figli del Cavaliere, assai sventurati nell’avere un siffatto padre. La sgradevole e continua demonizzazione convinse uno squilibrato nel 2009 a scagliare una statuetta di ferro, una miniatura del Duomo di Milano, sul volto di Berlusconi. L’aggressione sarebbe potuta finire anche molto peggio. Una parte di Italia, il suo lato sinistro per intenderci, quando non riesce a sconfiggere l’avversario con gli strumenti leciti della democrazia, lo trasforma in nemico, da abbattere con qualsiasi mezzo.
È stato rovesciato parecchio odio anche nei confronti di Matteo Salvini, dipinto come un leader più razzista del Ku Klux Klan, e non sono mancati epiteti volgari e gravi verso Giorgia Meloni, rea di avere interrotto una presenza ormai decennale di Pd e sinistre varie nella stanza dei bottoni. Chi ha visibilità mediatica deve stare molto attento all’uso disinvolto di certe parole perché, sebbene voglia, nella maggior parte dei casi, soltanto inquinare il dibattito politico, rischia di essere preso sul serio da soggetti disturbati e violenti.