Il Capitol Institute, think tank con sede a Washington che da anni produce analisi strategiche sulla politica internazionale e transatlantica, ha pubblicato in questi giorni uno studio di grande rilievo sul vertice NATO del 19 agosto, a cui hanno partecipato Donald Trump, Volodymyr Zelensky e i leader europei, tra cui Giorgia Meloni. Un documento che mette in chiaro un concetto tanto semplice quanto decisivo: siamo di fronte a una fase di riallineamento strategico dell’Occidente, e l’Italia, grazie alla leadership della nostra Premier, ha un ruolo centrale.
Non è la prima volta che Trump spiazza la vecchia guardia della NATO. Lo fece già nel 2016 da candidato, lo confermò da presidente e ora, tornato alla Casa Bianca, ha rimesso il tema al centro della scena: gli alleati devono smettere di vivere di rendita sull’ombrello americano. «Nessun Paese può continuare a delegare la sua sicurezza agli Stati Uniti senza contribuire in maniera significativa», ricorda l’analisi del Capitol Institute, sintetizzando un punto che Trump ha ripetuto a chiare lettere. È lo stesso principio che Giorgia Meloni porta avanti in Europa: basta parole, è il momento della concretezza.
Il vertice di agosto ha infatti segnato una svolta. Invece della solita retorica sull’allargamento della NATO, è emersa una linea alternativa: garanzie di sicurezza all’Ucraina senza però l’ingresso formale nell’Alleanza. «Una formula che permette di contenere Mosca e allo stesso tempo di aprire uno spazio negoziale», scrivono gli analisti del Capitol Institute. Non si tratta di arrendersi, ma di costruire le condizioni reali per una pace duratura, con Trump nel ruolo di mediatore credibile, capace di parlare tanto con Kiev quanto con Mosca.
In questo scenario, Giorgia Meloni non è rimasta sullo sfondo. Al contrario, il Capitol Institute le attribuisce tre ruoli fondamentali: «ponte verso l’Europa», «broker di legittimità» e «partner strategico». Significa che Meloni è la leader europea che gode della maggiore fiducia di Trump, ma anche quella che può convincere i partner europei più riluttanti a sostenere un processo di pace guidato dagli Stati Uniti. L’Italia, insomma, non si limita a firmare documenti scritti da altri, ma contribuisce a scriverli.
La forza di Meloni in questo contesto nasce anche dalla solidità interna. A metà mandato, l’Italia ha raggiunto risultati che nessuno avrebbe pronosticato: il PIL sopra i livelli pre-crisi 2008, oltre un milione di posti di lavoro in più, disoccupazione giovanile in calo e record storico di occupati. Non è un dettaglio: i numeri rafforzano la credibilità internazionale. Se l’Italia oggi viene ascoltata, è perché ha dimostrato di saper governare, crescere e garantire stabilità.
Il messaggio che arriva dal summit, e che il Capitol Institute certifica, è limpido: l’Occidente sta tornando a fare l’Occidente. Non più subordinato a formule ideologiche o al maximalismo burocratico di Bruxelles, ma guidato dal pragmatismo. Lo scambio di prigionieri, i gesti umanitari, le aperture simboliche, sono passi che preparano un negoziato reale. Non diplomazia da salotto, ma politica concreta.
Per l’Italia, il valore aggiunto è proprio questo: avere una Premier che non solo partecipa, ma incide. «Se questa architettura di pace prenderà forma, il ruolo di Giorgia Meloni sarà stato cruciale», conclude l’analisi del Capitol Institute. Ed è così: in un’Europa divisa e incerta, Meloni si conferma l’unica leader in grado di parlare da pari a pari con Trump, riportando l’Italia al centro della storia.