Tito Cavaliere della Repubblica, un’offesa alle sofferenze degli italiani del confine orientale

È nell’ordine delle centinaia la quantità di goriziani di tutte le estrazioni politiche e sociali deportati dall’esercito partigiano jugoslavo di Josip Broz “Tito” a guerra finita e quasi 700 di loro mai più ritornarono. Ancorché mitigata dalla comune appartenenza di Slovenia ed Italia all’Unione Europea, è evidente la cicatrice rappresentata dal confine che attraversa Gorizia, stabilito dal Trattato di Pace del 10 febbraio 1947. Tale trattato entrò in vigore il successivo 15 settembre, pertanto il giorno seguente l’Italia poté tornare ad esercitare la sua piena sovranità sul capoluogo isontino, ancorché privato del suo retroterra mentre Trieste restava sospesa fino al 26 ottobre 1954 nel limbo del mai costituito Territorio Libero di Trieste e l’Istria, Fiume e Zara entravano ufficialmente a far parte della Jugoslavia comunista. Gorizia, città solcata dalla cortina di ferro durante la Guerra fredda, accolse migliaia di connazionali in fuga dalle terre annesse alla Jugoslavia, tanto che oggi il 20% della sua popolazione è costituito da esuli o loro discendenti. Si è rivelata pertanto opportuna la scelta di presentare alla stampa proprio a Gorizia la mattina di domenica 16 settembre la proposta di legge che vuole modificare il regolamento che presiede al conferimento ed al ritiro dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana.

Di tale benemerenza è stato insignito proprio il Maresciallo Tito nel 1969 nell’ambito di quanto previsto dal protocollo di una visita ufficiale di Stato, tuttavia l’istituzione del Giorno del Ricordo con la Legge 92 del 30 marzo 2004 stride con questa assegnazione. Già nel maggio 2013 le associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati si attivarono per chiederne il ritiro, ma l’interpellanza presentata al Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia da Rodolfo Ziberna (PdL nonché rappresentante dell’associazionismo esule) cadeva nel vuoto e la richiesta ufficiale portata all’attenzione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da Antonio Ballarin in qualità di Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati riceveva dal Segretario Generale della Presidenza della Repubblica la risposta che era eventualmente compito del Presidente del Consiglio procedere e che comunque «non è prevista la possibilità di procedere alla revoca a persone, come l’ex presidente Josip Broz Tito, non più in vita».

L’associazionismo della diaspora adriatica negli anni seguenti ha cercato di sensibilizzare le forze parlamentari affinché si procedesse alla modifica della legge 178 del 1951 che disciplina conferimento ed uso delle onorificenze, ma di fatto regalava l’immunità post mortem a personaggi che lo sviluppo della ricerca storica, l’apertura di archivi e la pubblicazione di testimonianze potevano dimostrare responsabili di crimini contro l’umanità o addirittura proprio contro cittadini italiani. Presentata ieri a Gorizia, è stata oggi depositata alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica la proposta di legge con cui si chiede finalmente di apportare le modifiche necessarie a garantire la revocabilità dell’onorificenza in ogni caso (in tempi recenti ne è stato privato il Presidente della Repubblica araba siriana Bashar Assad). Tale iniziativa parte dai gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia (alla Camera primi firmatari Luca De Carlo, Giorgia Meloni e Francesco Lollobrigida, ai quali si è unito il rappresentante goriziano di Forza Italia Guido Germano Pettarin, al Senato il capogruppo Luca Ciriani) ed era stata predisposta già prima della pausa estiva dei lavori in aula. L’assessore leghista del Friuli Venezia Giulia Pierpaolo Roberti poco dopo Ferragosto aveva portato la questione d’attualità depositando una mozione in cui si chiedeva che la Regione autonoma FVG facesse pressioni sul Presidente del Consiglio Conte affinché attivasse l’iter per togliere questo riconoscimento a Tito.

«Auspichiamo che le parti politiche riescano a confrontarsi serenamente su questa tematica – dichiarò subito Renzo Codarin, presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulai e Dalmazia, la più antica e presente sul territorio fra le sigle della diaspora adriatica – affinché, anche con il coinvolgimento di tutte le associazioni degli esuli, venga elaborata una richiesta condivisa di modifica di una legge che consente di ritenere un benemerito della Repubblica chi si macchiò di tanti crimini nei confronti di migliaia di nostri connazionali e perseguì, dietro il paravento della lotta antifascista e di liberazione nazionale, un violento progetto annessionista nei confronti di terre di cultura, lingua e tradizione italiana»

Vana speranza, alla luce del fatto che il consigliere regionale Furio Honsell (Open – Sinistra FVG) ha preso immediatamente le difese del dittatore jugoslavo ricordandone i meriti nella Guerra fredda: ufficialmente Non allineato, di fatto vicino al blocco sovietico, secondo le convenienze interlocutore del blocco occidentale, Tito avrebbe avuto il merito di tenere lontane dall’Adriatico le truppe del Patto di Varsavia, in maniera tale da meritare l’oblio sui crimini consumati dalle sue truppe a guerra finita a danno di migliaia di italiani infoibati, deportati, costretti all’eislio ovvero morti nei campi di concentramento jugoslavi.

Ziberna, oggi sindaco di Gorizia, è stato, invece, felice di partecipare alla manifestazione con cui è stata presentata l’iniziativa parlamentare: «Togliere questa onorificenza – ha chiarito Ziberna – non arreca danno economico a nessuno e non prevede l’alienazione di beni materiali, si tratta di riconoscere le colpe di Tito in quanto mandante degli infoibatori che sterminarono italiani ed in quanto capo di uno Stato che voleva inglobare terre culturalmente, tradizionalmente e linguisticamente italiane, come in parte gli riuscì, pretendendo di portare i suoi confini fino al Tagliamento, appellandosi all’esistenza di una Slavia veneta»

Nella giornata di ieri Gorizia ha svolto anche le celebrazioni per festeggiare la seconda redenzione del 1947, dopo la prima, avvenuta il 9 agosto 1916, unica città delle terre irredente ad essere occupata dal Regio Esercito durante le terribili Battaglie dell’Isonzo. Sono state pure inaugurate le mostre documentali a cura della Sezione di Gorizia della Lega Nazionale (sodalizio patriottico sorto nel 1891 per tutelare la cultura, la lingua e l’identità degli italiani ancora sudditi dell’Impero austro-ungarico ed oggi custode e divulgatore della storia del confine orientale) “Documenti dell’Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri dagli scavi archivistici romani della Lega Nazionale di Gorizia e fotografie dall’archivio storico foto Altran Gorizia e dall’archivio storico Silvio Fantino (studio fotografico Cortesia Francesco)” e “Gorizia 1945-1947 Documenti dei due anni”, frutto delle ricerche coordinate dal presidente sezionale Luca Urizio.

«Anche se alle nostre spalle, durante la conferenza stampa, campeggiava la scritta “Tito” sul monte Sabotino, oggi in Slovenia, – ha dichiarato l’On. Luca De Carlo – noi italiani dobbiamo imparare da oltre confine come trattare ufficialmente la memoria del dittatore jugoslavo. Consideriamo che il 3 ottobre 2011 la Corte costituzionale della Slovenia dichiarava incostituzionale l’intitolazione di una strada di Lubiana a Tito, avvenuta nel 2009, riconoscendo che avrebbe comportato la glorificazione del suo regime totalitario e una giustificazione delle gravi violazioni dei diritti dell’uomo avvenute durante il suo regime e che in tempi più recenti l’amministrazione comunale di Zagabria ha tolto dalla toponomastica cittadina l’intitolazione a Tito di una delle principali piazze della capitale croata»

Il deputato veneto, che come Sindaco di Calalzo di Cadore (provincia di Belluno) ha intitolato la sala delle riunioni consiliari alla martire delle Foibe Norma Cossetto, ha sempre avuto a cuore le tragedie giuliano-dalmate ed ora auspica che ci siano convergenze da tutti gli schieramenti politici sulla proposta di legge: «Nel corso delle sedute in aula di martedì, mercoledì e giovedì – spiega De Carlo – cercherò di raccogliere altre firme a sostegno del documento, che verrà quindi depositato alla Commissione Affari Costituzionali: il nostro gruppo parlamentare si impegnerà a sollecitare eventuali ritardi nella calendarizzazione della discussione in commissione»

«Noi chiediamo un atto di giustizia – conclude De Carlo con determinazione – al fine di sanare un rigurgito vetero-comunista che ci impedisce di levare Photoshop alla storia»

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Lorenzo Salimbeni
Lorenzo Salimbeni
Lorenzo Salimbeni (Trieste, 1978) ricercatore storico freelance e giornalista pubblicista. Collabora con le associazioni patriottiche, di ricerche storiche e degli esuli istriani, fiumani e dalmati; si occupa di storia del confine orientale italiano e delle guerre mondiali nei Balcani.

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