Sta tornando di moda uno dei giochi che, alla fine degli anni Novanta, ha spopolato tra i ragazzini di tutto il mondo divenendo un vero e proprio fenomeno di costume di massa: il Tamagotchi. A quanto si apprende, infatti, l’azienda giapponese che alla fine del novembre 1996 ha lanciato sul mercato quello che senza dubbio è da considerare tra i primi giochi elettronici ad ampia diffusione, ha riscontrato negli ultimi anni una nuova impennata di vendite del celebre ovetto, giocando con il quale ci si prende cura di un pulcino – o di un piccolo alieno, secondo qualcuno – virtuale.
I nuovi modelli, fedelissimi a quelli in voga negli anni Novanta e seguenti, ancora una volta mettono i possessori di fronte alla sfida di accudire un animaletto spingendo ogni tanto qualche pulsantino con cui assecondare bisogni come mangiare, essere puliti, dormire e giocare. E si può anche educarlo. Le regole dunque sono molto semplici: compito del possessore è allevare il cucciolo, che si svilupperà diversamente a seconda delle cure fornite dal giocatore. Come nel passato, se il Tamagotchi necessita di qualcosa emetterà squilli simili alle notifiche degli smartphone. Inoltre, in pieno collegamento con la modernità, nella nuova versione aggiornata sono state inserite nuove funzioni tra cui la possibilità di giocare on line e connettersi con altri “players”.
Un “ritorno al passato” che, dunque, sembra aver preso molto piede tra gli adolescenti di oggi, particolarmente coinvolti quando si tratta di divertimenti tecnologici.
Sull’uso – e abuso – del celebre gioco (e non solo), ci sarebbe da fare più di qualche riflessione. Già nel primo periodo della sua diffusione il Tamagotchi venne criticato per il fatto che in alcuni casi il rapporto con l’animaletto virtuale veniva vissuto con profonda affezione, al punto che la cura dello stesso diveniva una vera e propria ossessione, distraendo i ragazzi anche a scuola. Qualcuno, inoltre, si preoccupava dell’impatto psicologico della rappresentazione della morte del cucciolo virtuale sui giocatori più giovani e sensibili, che in alcuni casi sono rimasti sconvolti reagendo come di fronte ad un vero e proprio lutto
A tutto questo andrebbe aggiunta un’altra questione, a nostro avviso ben più rilevante: l’interpretazione dello scopo del gioco per cui lo stesso dovrebbe “insegnare fin da bambini i valori delle cure genitoriali” (Ansa, 24/12/2018). Ecco, questo magari no. Questo – e lo diciamo con convinzione e senza timore di smentita – è e deve restare compito della famiglia, con cui i ragazzi dovrebbero trascorrere più tempo possibile, magari senza un telefonino o un Tamagotchi in mano.