Donald Trump fa sul serio sull’uscita degli Stati Uniti dall’Oms. È stato uno dei primissimi atti emanati dalla sua presidenza, pochi minuti dopo il suo insediamento. Una decisione arrivata perché, pur essendo il finanziatore più importante per l’Organizzazione, Washington, come tutto l’Occidente, ha patito i troppi silenzi del governo cinese, a cui la stessa Organizzazione ha ingenuamente (o forse subdolamente) creduto. Si diceva che il tycoon fosse in procinto di ritrattare, ma ieri la conferma che la sua decisione è irreversibile: il quarantasettesimo presidente americano ha ordinato ai dipendenti e ai funzionari della sanità pubblica statunitense di smettere di collaborare con l’Oms. È chiusura totale.
Figuracce e cattiva gestione
La mossa di Trump ha risvegliato il dibattito in tutti i Paesi alleati. Italia compresa, dove la Lega ha già presentato alcune proposte per portare Roma, diciannovesima tra i finanziatori, al di fuori dell’Organizzazione, sulla quale pesa uno spreco di risorse immane nei costi di gestione e grandi finanziamenti da parte di privati, che possono dirottare da un momento all’altro le prerogative stesse dell’Oms. Nel corso della pandemia, d’altronde, l’Organizzazione, che fa capo all’Onu, ha palesato tutti i suoi difetti, svelando un’impreparazione che non ci si aspettava da team di esperti così preparati. A inizio gennaio del 2020, ad esempio, quando insomma iniziavano a trapelare le prime notizie dalla Cina sull’esistenza di questo nuovo virus dalle origini incerte, l’Oms sosteneva che non c’era prove sulla diffusione della malattia da uomo a uomo, trovando spazio anche per delle lodi al governo cinese per la sua trasparenza: “Le prime indagini condotte dalle autorità cinesi non hanno trovato prove certe della trasmissione da persona a persona del coronavirus” scrisse sull’allora Tweeter l’Organizzazione, anche per bilanciare le dichiarazioni, ritenute fin troppo aspre, di Maria Van Kerkhove, responsabile tecnica della risposta dell’OMS al coronavirus, che aveva avuto l’ardire di denunciare la possibile veloce diffusione del virus. Solo pochi giorni dopo, la Cina avvertì ufficialmente della trasmissione da uomo a uomo. Il dubbio che l’Oms sapesse già tutto era forte.
Forse la data più emblematica è quella del 22 gennaio. Il comitato di emergenza dell’Oms si riunì per discutere se dichiarare o meno l’emergenza sanitaria a livello internazionale, la pandemia appunto. Ma non fu fatto. Soltanto il giorno dopo, 23 gennaio, la città di Wuhan fu chiusa in lockdown dal governo cinese. Anche in questo caso, sembra strano che l’Oms non fosse stata informata dell’imminente chiusura forzata della città. E nelle settimane a seguire, furono anche altri gli strafalcioni dell’Organizzazione: a fine febbraio, spiegava che il pericolo era sotto controllo e da ridimensionare, ad aprile dichiarò che le mascherine non erano utili se non per gli operatori sanitari nelle strutture ospedaliere, sconsigliò inoltre i tamponi agli asintomatici. Una susseguirsi di errori importanti che, mischiati alla leggerezza con cui l’Oms ha accettato il rifiuto della Cina di inviare una sua equipe di esperti per indagare sull’origine del virus, hanno fatto dubitare più di qualcuno della buona fede dell’Organizzazione. “China Health Organization” la rinominò il vice primo ministro del Giappone dell’epoca.
Schillaci: “Serve maggiore trasparenza”
Torniamo in Italia. In Parlamento, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha svelato i numeri sui fondi che lo Stato italiano eroga in favore dell’Oms: “Faccio chiarezza sugli stanziamenti: l’Italia partecipa all’OMS con il versamento annuale di un contributo obbligatorio, che nel 2024 è stato pari a circa 18 milioni di dollari. Nello stesso anno ha inoltre versato contributi volontari per un totale di circa 7,8 milioni di dollari, destinati a finanziare le priorità del programma di lavoro, come approvato dall’Assemblea mondiale della sanità, a cui l’Italia partecipa. Questo finanziamento ci colloca al 19° posto tra le Nazioni dell’Organizzazione”. Ricordando poi che “i leader internazionali che hanno espresso posizioni critiche verso l’Oms, come il Presidente Trump, hanno messo in discussione principalmente l’allocazione delle risorse e le modalità operative dell’Organizzazione, non il principio fondamentale della necessità di una governance globale della salute”, Schillaci ha spiegato qual è l’obiettivo del governo: “Dobbiamo rafforzare il ruolo dell’Italia, del nostro modello nei consessi internazionali, perché isolarsi non rappresenta una strada percorribile per affrontare le complesse sfide sanitarie globali del nostro tempo. Il nostro obiettivo deve essere quello di contribuire a rendere più efficace e trasparente la governance mondiale della salute, nell’interesse dei nostri cittadini e dell’intera comunità internazionale”.