Di fronte alla scomparsa di Papa Francesco il Governo ha indetto cinque giorni di lutto nazionale, che ricomprendono naturalmente anche la giornata della Festa della Liberazione. In merito al 25 aprile è stato chiesto di svolgere le consuete manifestazioni celebrative con sobrietà, visto il particolare momento legato all’ultimo saluto del mondo rivolto a Jorge Mario Bergoglio.
Non ci si aspettava, in tutta sincerità, che venissero fuori delle polemiche politiche spicciole dalla richiesta di sobrietà avanzata dal Governo Meloni, eppure la sinistra, tramite alcuni suoi esponenti come Nicola Fratoianni, il quale ama distinguersi con dispute farlocche e talvolta ributtanti, l’ha buttata in caciara anche questa volta. Pure alla Camera dei Deputati, durante la commemorazione dedicata al Pontefice defunto, le opposizioni, ad iniziare dalla segretaria del PD Elly Schlein, non hanno esitato a cavalcare la morte del Papa, (è brutto dirlo, ma così è stato), per attaccare a livello politico il Governo. Sapevamo della scarsità di argomenti credibili della quale è afflitta la sinistra, ma non immaginavamo che si giungesse persino a strumentalizzare il decesso di Papa Francesco.
Secondo lor signori, la premier Giorgia Meloni si sarebbe rivelata ipocrita nel ricordare gli incontri avuti con Bergoglio e la bella intesa umana determinatasi con il Pontefice, essendo lei e il suo Governo, (sic!), dei persecutori di migranti, cari invece alla Chiesa del Papa argentino. La Chiesa fa la propria strada e la politica pure, e non bisogna mai tirare per la giacchetta o meglio, per l’abito talare il clero. La destra ha nel proprio DNA i valori cristiani che compongono l’identità dell’Occidente, ma nutre rispetto per la Chiesa cattolica e non pensa di appropriarsene o di rifiutarla solo quando fa comodo, in base alle battaglie politiche del momento.
La sinistra è invece infantile e provinciale, e se i Papi riaffermano princìpi sconvenienti sui temi etici, sono reazionari medioevali, mentre se essi parlano di pace nel mondo e di accoglienza, beh, diventano dei Che Guevara in total white da supportare contro i presunti fascismi contemporanei. Va bene tutto, ma crediamo siano inascoltabili le lezioni di Cristianesimo di Elly Schlein. Fuori da Montecitorio, ecco, ha dato fastidio la parola “sobrietà” in relazione al 25 aprile. Si capisce bene come si voglia a tutti i costi montare una discussione, quanto mai inopportuna in un frangente come questo, perché, se si conosce la lingua italiana, e Fratoianni e compagni dovrebbero avere dimestichezza con la lingua di Dante, si comprende come sobrietà e divieto siano due parole assai diverse. Tentano, le sinistre, di far passare l’idea secondo la quale la classe dirigente del Governo Meloni avrebbe qualche problema storico irrisolto con il 25 aprile e proverebbe così, con il pretesto del lutto per Papa Francesco, a comprimere più che può le celebrazioni della Liberazione.
Una bugia più meschina di questa non può esistere perché, come è evidente ad ogni persona di buonsenso, se il funerale del Pontefice avviene solo il 26 aprile prossimo, è chiaro che il lutto nazionale debba durare sino al giorno prima, quindi, l’Anniversario della Liberazione è capitato in mezzo per un puro caso. Il Governo ha chiesto sobrietà perché semmai, come il resto della Nazione, ha un problema con chi usa il 25 aprile, non per ricordare la fine del nazifascismo e il ritorno della democrazia in Italia, bensì per trasformare le celebrazioni in scontri di piazza ed eventi settari.
Il Governo Meloni e la maggioranza degli italiani hanno buona memoria e si ricordano di alcuni 25 aprile rovinati da violenze, insulti per chi non è di stretta osservanza rossa e allontanamenti forzati di coloro i quali hanno pure combattuto e patito più di tutti il nazismo, ossia, i reduci e gli eredi della Brigata Ebraica. Visto il condizionamento ideologico di ogni anno che viene compiuto dalle sinistre e dai figli e figliocci del PCI, insieme alla presenza collaterale di Pro-Pal e facinorosi dei centri sociali, non solo questo, ma tutti i 25 aprile dovrebbero essere maggiormente sobri e utili come momento unificante della Nazione, anziché essere sfruttati per insistere a scavare nuovi solchi fra italiani.