Ucraina ed elezioni Usa, altro che campo largo: la sinistra si spacca su tutto

Immaginate per un attimo come sarebbe l’Italia se oggi, al governo, al posto di una coalizione forte e coesa come il centrodestra, ci fosse il campo largo. Forse soltanto da poco tempo, dal settembre 2022, mese delle elezioni, i vari partiti avrebbero trovato l’accordo per spartire poltrone e ministeri. Quale figura avremmo fatto in campo internazionale, come quella di una Francia qualsiasi che non sa a chi affidare la carica di primo ministro. L’Italia non avrebbe stabilità, l’equilibrio dell’esecutivo sarebbe così precario che nessun investitore avrebbe puntato sulla Nazione. E in un contesto internazionale così inasprito, quale sarebbe stata la reazione dell’Italia?

Visioni opposte

Per quanto utopistiche sono queste tesi e queste domande, in realtà si tratta di quesiti a cui gli italiani vorrebbero ricevere una risposta perché il campo largo, che tanto si atteggia a spodestatore delle destre al governo, non ha ancora chiarissimo un ipotetico programma di indirizzo politico. In altre parole, se veramente il campo largo andasse al potere come soltanto i suoi componenti sostengono, quale sarebbe la posizione dell’Italia sui grandi temi? La risposta che si evince dalle loro tesi, e che anche loro stessi darebbero, è che in realtà non si sa. Il campo largo è così astratto e i suoi membri così litigiosi, che le troppe divergenze sembrano non venire mai ad essere appianate. Sull’Ucraina, le distanze tra partiti, e talvolta anche all’interno degli stessi, si fanno ancora più ampie: a sinistra è impossibile avere una linea univoca da seguire. Il Forum Ambrosetti di Cernobbio è stata l’ultima occasione che ha diviso, ancora di più, quella sinistra che pretende di essere unita. Non certo per volontà dei suoi membri, ma soltanto per fare un torto alla destra e per metterle quanti più sgambetti è possibile. Le divergenze sono tante: Carlo Calenda, leader di Azione, sostiene che “gli ucraini stanno combattendo per tenere Putin lontano dall’Europa”; Putin che, secondo il romano, “non sta attaccando l’Ucraina e basta ma sta cercando di minare le nostre democrazie e va fermato”, con una difesa che “si fa sul territorio ucraino e anche colpendo in modo delimitato obiettivi militari da cui partono gli attacchi”. Opposta la visione di Giuseppe Conte, secondo il quale il conflitto starebbe indebolendo la competitività degli imprenditori: per lui, c’è bisogno che “le due parti si accordino per la pace, bisogna imporre una soluzione negoziale per fermare questo drammatico conflitto”.

Renzi ne approfitta

E se il Pd non vuole esporsi troppo sull’Ucraina, lo fa in merito alle elezioni americane, criticando la posizione dei grillini (anzi, sarebbe ormai il caso di dire contiani) e la loro ambiguità: “Se non appoggi Harris, ti fanno il test di progressismo” ha detto stizzito l’ex premier Conte, sottolineando che “un pericolo per la democrazia” non può esserlo chi vince legittimamente le elezioni. Il riferimento è ovviamente a Donald Trump. Ed eccolo il mezzo passo falso che Matteo Renzi, dal canto suo, aspettava per attaccare i Cinque Stelle: come un avvoltoio si precipita sulla frase di Conte e gli recrimina di fare il “tifo per Donald Trump”, sottolineando che lui lo fa per “Kamala Harris. Conte ha difeso Sangiuliano – ha aggiunto –, io ne ho chiesto le dimissioni. Conte ha portato i soldati russi in Italia durante il Covid, io ho portato Mario Draghi a Palazzo Chigi. Non prendiamo lezioni di etica da chi diffonde fake news”. Ma davvero questi qui vorrebbero governare l’Italia con il campo largo?

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