Ucraina. Quella bandiera rossa dell’Urss che torna a minacciare l’Europa.

Nella guerra – quella sul campo – significante e significato sono perfettamente assimilabili. Non esiste messaggio che non collimi esattamente con il simbolo chiamato, senza bisogno di spiegazioni, a rappresentare la posta in palio. L’obiettivo specifico.

Anche nell’invasione russa in Ucraina è tornato prepotentemente a “minacciare” questo binomio caratterizzante: opposto e contrario al vessilo nazionale sventolato dai patrioti ucraini a difesa delle loro case. Di cosa stiamo parlando? Della “bandiera rossa” sventolata dai carri cingolati di Vladimir Putin penetrati fino alle porte di Kiev. Le immagini, presenti e reiteratesi in diversi scenari del conflitto, aiutano a comprendere che non si è trattato di episodio, di un soldato nostalgico ma di una consuetudine propagandistica. Studiata nei dettagli.

Come si sa, infatti, nulla nel regime russo è opzione individuale: tutto, a maggior ragione in un contesto iper-mediatizzato come il conflitto contemporaneo, è pensato come potenziale veicolo “virale” di propaganda. Già, quella bandiera dell’Urss sventolata dai soldati dello “zar” è tutt’altro che una trovata. È un preciso segnale politico che il Cremlino ha voluto dare all’opinione pubblica: esterna e interna.

È chiaro ad esempio, condiviso da tutti gli analisti, che gran parte dell’azione di Vladimir Putin prende le mosse dallo shock, per lui giovane dirigente del Kgb, dovuto al crollo dell’Unione sovietica. Un trauma, l’implosione di un impero sterminato, che ha coltivato pur nella spoliazione dei vessili sovietici dalle insegne della “sua” Russia nazionale, a tinte zariste.

In realtà, l’idea di riportare in auge se non nelle dimensioni, per lo meno nella funzione l’Urss non è mai passata dalla sua mente: una nostalgia della grandezza e della sfera di influenza che la Russia comunista sapeva incarnare per il lato Est del pianeta.
Un richiamo che Putin spera di suscitare – senza alcun risultato al momento – prima di tutto verso i “fratelli” ucraini: gli stessi che le sue truppe stanno attaccando e uccidendo da venti giorni. Lo scopo del drappo rosso vuole rappresentare un invito alla resa, travestito da “ritorno a casa”. Tentazione per nulla nascosta, dato che Putin stesso ha affermato nelle prime ore di conflitto che «l’Ucraina è parte della storia della Russia», che la nazione «fu creata da Lenin». Kiev, insomma, «non ha diritto a esistere come stato autonomo e indipendente». È questo il concetto di “fratellanza” comunista: lo sanno benissimo gli ungheresi e i cechi.

Ma la propaganda di Stato, in Russia, ha una vera ossessione per l’opinione interna. E quella bandiera rossa serve anche a convincere le truppe della Federazione russa che l’appello a «denazificare l’Ucraina» non è – come è in realtà – una bufala, un camuffamento bello e buono ma il reale scopo dell’«operazione speciale»: così si chiama in Russia la guerra d’invasione all’Ucraina. Che cosa c’è di meglio allora, per cercare di tirare su il morale a truppe non proprio motivate, che tirare in ballo la “Grande guerra patriottica” combattuta da Stalin contro i tedeschi? Peccato, ancora una volta, che l’invasore parli russo stretto: quello di Mosca.

La trovata della bandiera rossa è stato un flop allora? Sostanzialmente sì. Anche se, non poteva essere altrimenti, qualche effetto nei peggiori salotti d’Occidente lo ha avuto. Dal giorno dell’invasione ucraina, infatti, il riflesso condizionato di sottomissione verso l’imperialismo di cultura comunista non poteva non coinvolgere i più trinariciuti della sinistra italiana: la Cgil e l’Anpi.

Per il sindacato e l’associazione dei partigiani rossi non si può muovere un dito – nemmeno gli ucraini, secondo loro, dovrebbero farlo – contro le “ragioni” del Cremlino. Per non farsi riconoscere come impenitenti collaborazionisti di Mosca hanno coniato una di quelle definizioni da far impallidire la burocrazia della Ddr: «Neutralismo attivo». Che tradotto dalla neolingua, significa in soldoni: «Cari ucraini, i russi vi stanno bombardando perché vogliono la “pace”. Dunque arrendetevi e sottomettevi».

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