“L’obiettivo di neutralità climatica per le auto entro il 2035 crea prevedibilità per investitori e produttori. Per arrivarci sarà necessario un approccio neutrale dal punto di vista tecnologico, in cui gli e-fuel hanno un ruolo da svolgere attraverso una modifica mirata del regolamento come parte della revisione prevista”. Le parole di Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva designata della Commissione europea e responsabile per le politiche green Ue, suonano come una condanna per industriali e imprenditori. Le follie dell’ex commissario Franz Timmermans sono più che vive, malgrado siano state registrate le prime titubanze anche da parte dei governi più chiusi e convinti su questo tema. Come quello tedesco, in evidente difficoltà dopo il caso Volkswagen. In generale l’automotive di tutta Europa cade a pezzi, sotto i colpi di una scadenza che è troppo vicina: 2035, in certi ambiti, vuol dire domani. E la scusa della “prevedibilità” non regge affatto perché di prevedibile all’orizzonte c’è solo l’inasprimento degli effetti che già si vedono oggi: gli elettori che protestano (le manifestazioni degli agricoltori hanno aperto un vulnus non da poco), le imprese che calano di produttività e l’economia che si affloscia. Anche e soprattutto al confronto di una concorrenza sleale da parte del resto del mondo, che non è certo vincolato da certi limiti. La regione del sub-continente indiano è la più inquinata al mondo, in Cina camminavano con le mascherine per strada da molto tempo prima del Covid e anche gli Usa, malgrado la presidenza Biden, non sembra farsi parecchi scrupoli, nonostante anche lì si sentano gli effetti di certe derive ideologiche. Che poi, a dirla tutta, è difficile configurare in questo caso una concorrenza sleale, se i bastoni fra le ruote ce li mettiamo da soli.
Il lascito di Timmermans
Quando si votò, in Parlamento europeo, per l’elezione di Ursula von der Leyen come nuova e riconfermata presidente della Commissione europea, Fratelli d’Italia si schierò contro e votò a sfavore. Soprattutto perché, nel discorso e nel programma della politica tedesca, c’era chiaramente la continuazione delle politiche distruttive avviate nella scorsa legislatura. Un’apertura ai Verdi che non ha fatto piacere a chi, invece, sperava che il messaggio, chiaro, inviato dagli elettori alle urne venisse ascoltato. Invece, confermando le derive green degli scorsi anni, malgrado fossero i veri sconfitti delle elezioni, i Greens si sono uniti alla Commissione votando a favore, pur rimanendo fuori dalla compagine dei commissari. A portare avanti la loro causa, però, ci penserà Ribera, la socialista fedelissima del premier spagnolo Pedro Sanchez. Le sue parole hanno già fatto reagire i membri della destra europea, che denunciano il pessimo avvio della Commissione su questo tema. Anche perché – non si è capito se a Bruxelles è chiaro – lo stop alla produzione dei motori a combustione entro il 2035 non risolverà certo il problema dell’inquinamento e del cambiamento climatico, che invece trova la causa in parecchi altri fattori, spesso molto più influenti. Anche perché non si è ben capito come smaltire le batterie delle auto elettriche, che utilizzano, sì, energia pulita che però spesse volte viene prodotta da fonti inquinanti. Anche perché l’auto elettrica ha subito un drastico calo delle vendite per i suoi alti costi. Anche perché il nostro mercato non è pronto e si apre, invece, a economie e industrie più avanti nel settore, come quelle cinesi. Anche perché il mercato europeo, piaccia o non piaccia, non sarà pronto entro il 2035. E potremmo andare avanti.
Insomma, se la Commissione europea si è aperta alla destra, inevitabilmente, su un tema fondamentale, quello dell’immigrazione, con la lotta agli ingressi clandestini che inizia a vedere d’accordo anche leader progressisti, il lascito di Timmermans sembra ancora troppo grande per essere abbandonato.