Quando Giorgia Meloni sale sul palco del congresso di Azione, non è solo il Presidente del consiglio a parlare. È una donna che porta con sé il peso di una storia politica lunga e coerente, quella di chi non ha mai avuto paura di confrontarsi, anche con chi la pensa diversamente. Ieri, a Roma, davanti a una platea che non è la sua base naturale, ha dimostrato ancora una volta che la forza di un leader non sta nel chiudersi nel proprio fortino, ma nel sapere affrontare il dibattito con coraggio e chiarezza. E lo ha fatto con quel mix di ironia e determinazione che ormai è il suo marchio di fabbrica: “Dopo Calenda, porterò io un po’ di moderazione,” ha esordito, strappando risate e applausi. Ma dietro la battuta c’è una verità profonda: Meloni non è lì per compiacere, ma per costruire.
Il suo intervento al congresso di Azione non è stato un atto di opportunismo, come qualche commentatore di sinistra ha frettolosamente insinuato. È stato, semmai, un segnale di maturità politica: l’Italia ha bisogno di un confronto vero, non di slogan o di tifoserie. E mentre la Schlein sogna un’Europa disarmata – “una grande comunità hippie,” l’ha definita Meloni con una stoccata micidiale – e Conte si arrampica sugli specchi per giustificare i disastri dei bonus edilizi, la premier ha parlato di cose concrete: sicurezza, libertà, unità dell’Occidente. Ha ricordato che la spesa per difendere l’Europa non è un capriccio, ma “il prezzo della nostra libertà.” Ha ribadito che sostenere l’Ucraina non è una scelta ideologica, ma un dovere per chi crede nei valori della nostra civiltà.
E poi c’è il dialogo con Azione. Certo, le distanze con Calenda restano: sull’Europa, sulle riforme, su alcune visioni di fondo. Ma ieri si è visto che si può parlare, si può convergere su battaglie comuni – come la difesa dell’Occidente – senza per questo rinunciare alla propria identità. Meloni non è andata lì a cercare alleanze improbabili o a strizzare l’occhio ai moderati per convenienza, come qualche dietrologo ha ipotizzato. È andata a dire: “Noi siamo questi, abbiamo le nostre idee, ma siamo pronti a discutere per il bene dell’Italia.” Un messaggio che dovrebbe far riflettere anche certi alleati di governo, spesso più inclini a litigare che a costruire.
In un Paese abituato alla politica dei veti e delle barricate, vedere la leader di un governo di centrodestra parlare a un congresso di un partito che si definisce alternativo è un’immagine potente. Non è un cedimento, ma una prova di forza. Perché solo chi è sicuro della propria strada può permettersi di tenderla, quella mano, senza paura di perderci. E Giorgia Meloni, ieri, ha dimostrato di saperlo fare. L’Italia che vogliamo – patriottica, pragmatica, orgogliosa – passa anche da qui: da una politica che non si nasconde, che non si piega, ma che sa guardare oltre il proprio recinto. Avanti così.