Questo sembra l’intento della descrizione che di sé dava l'”ISTITUTO COMPRENSIVO “VIA TRIONFALE” di Roma.
Ecco com’erano presentati i vari plessi:
“il plesso sulla via Cortina d’Ampezzo accoglie prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti, autisti, e simili)” – nota storica: la scuola è intitolata a Nazario Sauro martire per tutti gli italiani e non certo solo per i ricchi –
Prosegue:
«La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il plesso di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana»
Interessante notare quanto sia forte l’accenno alle condizioni economiche degli studenti. Come se essere “diversamente ricchi” sia una malattia o indice di qualche mancanza. Magari d’intelligenza.
Oppure, per citare un vecchio video di Rocco Casalino – portavoce del premier Conte – “I poveri puzzano”.
Dopo le polemiche ora appare solo: «L’ampiezza del territorio rende ragione della disomogeneità della tipologia dell’utenza che appartiene a fasce socio-culturali assai diversificate».
Probabilmente soltanto una gaffe ma è evidente che ci sia sempre di più un atteggiamento di snobbismo e distanza da parte delle presunte elite culturali nei confronti di chi è meno ricco.
A forza di parlare di periferie e disagio – parlare e basta ovviamente – come di una malattia da debellare siamo alla realizzazione di ghetti culturali e, evidentemente, anche fisici ed educativi.
Proprio su questo è forte la denuncia di Giorgia Meloni:
” Chi oggi si scandalizza per la vergognosa esaltazione delle differenze di censo e provenienza degli studenti dell’Istituto comprensivo Trionfale di Roma – “il plesso sulla via Cortina d’Ampezzo accoglie prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia”, “il plesso di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana” – doveva indignarsi quando l’intero mondo intellettuale di sinistra e i radical chic hanno usato parole di disprezzo nei confronti del popolo.
Vi ricordate Francesco Merlo quando mi insultò su Repubblica perché provengo dalla periferia e definendo con disprezzo chi mi apprezza: “coatti ed emarginati”? O Michele Serra che, sempre dalle pagine di Repubblica, scrive: “Il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole è direttamente proporzionale al ceto sociale di provenienza.” Capito? Chi non proviene da un ceto sociale elevato è un probabile delinquete. Senza dimenticare il padre nobile del giornalismo di sinistra, Eugenio Scalfari: “Gli uomini hanno bisogni primari come gli animali […] I poveri, salvo pochissimi, non hanno bisogni secondari”. Tipo leggere o apprezzare il bello. O ancora Gad Lerner che parla dispiaciuto delle “classi popolari e subalterne” che pensano con la pancia e per questo hanno rotto il legame con la sinistra.
Ovviamente i nostri intellettuali italiani sono in ottima compagnia con i loro politici di riferimento: dal socialista Hollande, che deride i poveri chiamandoli “sdentati”, alla Clinton che li chiama “miserabili”. E allora come stupirsi se con questa serie di cattivi maestri qualcuno poi pensa che sia giusto spiegare che la scuola che dirige non è contaminata dalle “classi più povere” e da quel popolo che fa schifo alle presunte elite culturali italiane?”