Eccoci qua, ci risiamo. Siamo di nuovo qui a raccontare di una sentenza a misura di irregolari. Questa volta è stato il tribunale di Catania ad annullare il trattenimento di un migrante egiziano arrivato in Sicilia. L’Egitto, insomma, non è un Paese sicuro per i giudici di Catania e il migrante non potrà essere rimpatriato. Egitto che era stato anche al centro della sentenza del tribunale di Roma, che aveva ufficialmente aperto il caso della sospensione dell’accordo con l’Albania. Anche in quel caso, l’Egitto veniva dichiarato non sicuro malgrado comparisse all’interno della lista dei Paesi sicuri stilata dal Governo. Per i magistrati di Catania, “una lista di ‘paesi sicuri’ “non esime il giudice all’obbligo di una verifica della compatibilità di tale designazione con il diritto dell’Unione europea e in Egitto ci sono gravi violazioni dei diritti umani che investono le libertà di un ordinamento democratico”. Ed è un caso emblematico, quello di Catania, perché si tratta della prima sentenza che evita la lista dei Paesi sicuri come fonte primaria, dopo che il Governo Meloni ha deciso di promuoverla a decreto legge (prima era un decreto interministeriale, dunque una fonte secondaria) proprio per rendere più difficoltosa la sua inosservanza. Il messaggio è chiaro: l’Egitto per i giudici non è sicuro, annullate quindi tutti i viaggi per Il Cairo e Sharm El-Sheikh.
L’interpretazione dei giudici
A quanto pare, però, il tribunale di Catania non si è fatto particolari problemi e, in generale, non ha neppure atteso la decisione della Corte europea alla quale si è appellato il tribunale di Bologna (altro caso) proprio in merito. La questione ruota, ancora una volta, come nei casi precedenti di Roma e di Catania, a una sentenza della stessa Corte di giustizia europea, dalla quale è derivato il principio secondo cui un Paese non può essere considerato sicuro che tutto il suo territorio non è tale. Ma se tale principio è stato recepito dall’esecutivo, eliminando tre Paesi dalla lista dei Paesi sicuri che non rispettavano il requisito della territorialità, i giudici nostrani allargano la sentenza anche alle discriminazioni. “I citati rischi di insicurezza che riguardino, in maniera stabile ed ordinaria, intere ed indeterminate categorie di persone – scrive il giudice – portano ‘de plano’ il decidente a negare che l’Egitto possa ritenersi paese sicuro alla luce del diritto dell’Unione Europea”. E tutto sarebbe pure giusto, se non fosse che – come viene in realtà fatto – ogni migrante viene de facto reputato una possibile vittima di discriminazioni perché possibile o potenziale membro di una certa categoria di persone.
L’obiettivo: accoglienza per tutti
Ma è opportuno chiarire che, seguendo tale logica (uguale e contraria a quella del giudice di Bologna secondo cui anche “la Germania nazista poteva essere considerata un Paese sicuro”), qualsiasi Stato del mondo può avere i requisiti adatti per essere considerato non sicuro. In Italia, ad esempio, ci sono interi quartieri sottratti allo Stato e che la magistratura non riesce a ripulire: in tali quartieri, è ovvio, non vengono garantiti tutti i diritti costituzionali. E come l’Italia, tutti i Paesi occidentali possono venire meno nel requisito territoriale e in quello della discriminazione a certe categorie di persone. Qui si capisce la potenzialità distruttiva di certe decisioni della magistratura, che potrebbero portare a un blocco definitivo delle politiche di rimpatrio. Il che vorrebbe dire accoglienza indiscriminata per chiunque, miliardi di persone che potenzialmente potrebbero varcare i nostri confini senza possibilità di difenderci.
FdI: “Sia rispettata la sovranità di Parlamento e Governo”
“La decisione dei giudici del Tribunale di Catania – è la dichiarazione di Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera – appare perseguire l’unico fine di ostacolare qualsiasi azione volta a contrastare l’immigrazione illegale di massa, nonché a rendere difficili – se non impossibili – i rimpatri di chi entra illegalmente in Italia. La pretesa, da parte di alcuni giudici, di sostituirsi al Parlamento è fuori luogo, poiché costituisce una pericolosa ingerenza nel procedimento legislativo. Con l’odierna decisione – ma non è la prima volta che accade – il giudice adito pare volere sostituirsi alle scelte politiche del legislatore, usando impropriamente – ha aggiunto – il richiamo al diritto europeo, visto che anche la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea dice chiaramente che spetta allo Stato di individuare i Paesi sicuri. Non solo, è il Parlamento il solo organo legittimato a stabilire le politiche in tema di immigrazione e sicurezza, nel rispetto delle norme internazionali e nazionali: chiediamo quindi che ne sia rispettata la sovranità, essendo l’unico titolare della rappresentanza politica della volontà popolare”. Ma il Governo va avanti: la nave Libra, dopo il primo stop, è tornata nel Mediterraneo e ha già preso alcuni migranti a sud di Lampedusa per trasferirli in Albania.