USA, UE e Stati arabi spingono per la pace in Libano, ma Israele è contraria

L’escalation israeliana in Libano sta mettendo a dura prova un intero continente, tanto che persino gli Stati occidentali – anche quelli governati da incapaci come la Francia e gli USA – sono riusciti nell’intento di comprendere quanto sia grave la situazione. Secondo Biden “È il momento di un accordo diplomatico ma la diplomazia non può avere successo fra l’escalation del conflitto. Per questo chiediamo un immediato cessate il fuoco di 21 giorni al confine fra Libano ed Israele”. Forse nessuno deve avergli detto che in 3 settimane non si ricostruisce una nazione, ma almeno il Presidente americano si è accorto a distanza di quanto siano dannose le bombe. Tra i conniventi per la risoluzione anche Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, estenuati anche loro di vedere fuoco e fiamme imperversare negli stati vicini. Anche gli Stati membri UE hanno pattuito che una tregua sia fondamentale in questo frangente, a loro volta consapevoli del poco tempo a disposizione.

A dir poco improbabile che la Knesset decida di fermarsi proprio adesso, tanto ormai sembra che l’intera coalizione del Likud e Co abbia intenzione di devastare completamente tutto ciò che la circonda pur di imperversare non si sa dove. Strano che le opposizioni non si facciano minimamente sentire nel caos generato dall’allargamento del conflitto, ma a quanto pare una contrarietà ai piani di B.N. non è stata paventata neanche timidamente. Persino i progressisti israeliani sono politicamente inadatti a ricoprire il ruolo politico, anche qui nulla di nuovo. A proposito, sembra che il Primo Ministro  ebraico non abbia la benché minima intenzione di cessare il fuoco sul territorio.

Nel frattempo i bombardamenti continuano senza sosta in Libano, con un bilancio di 81 morti e 403 feriti nelle ultime 24 ore e il timore che a breve questa situazione finirà esattamente come a Gaza. Un panorama infernale, valutando anche l’allontanamento di 22.000 persone verso il territorio siriano dall’inizio di questa tragica guerra aperta. Solo oggi il quartiere di Jamus, nella capitale di  Beirut, sarebbe stato vittima di un attacco aereo israeliano: una palazzina è rimasta distrutta e sembra che l’Idf sia quindi sulle tracce di uno dei coordinatori di Hezbollah. In poco tempo sono riusciti ad arrivare fino alla capitale, strano che nessuno si sia accorto finora della pericolosità di questi eventi. Nel frattempo il Premier Netanyahu ha persino rinviato serenamente la sua visita in America, pensate un po’ quanto deve aver preso sul serio i consigli del duo Biden-Harris negli ultimi tempi. Domanda retorica ovviamente, per il Primo Ministro israeliano, sapere che negli USA ci sia un branco di inetti a mantenere – poco salde – le redini di una nazione è un piacere. Un dispiacere per tutte le persone indifese rimaste coinvolte nell’offensiva, poiché di giorno in giorno le vittime aumentano esponenzialmente e l’esistenza di intere famiglie è stata spezzata a causa dell’intervento militare voluto dal Governo di Gerusalemme.

La guerra sta arrivando nuovamente anche nelle zone confinanti della Siria e non servirà un genio a comprendere che il passo verso un conflitto totalizzante non sia poi così lontano. Ormai le azioni del Governo israeliano sono imprevedibili, così come quelle di paesi come l’Iran, che di certo non ha escluso una risposta nei confronti dello Stato ebraico dopo la spirale con Hezbollah ed il bombardamento del territorio libanese.

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Gabriele Caramelli
Gabriele Caramelli
Studente universitario di scienze storiche, interessato alla politica già dall’adolescenza. Precedentemente, ha collaborato con alcuni Think Tank italiani online. Fermamente convinto che “La bellezza salverà il mondo”.

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